L’autore segnala un singolare monumento megalitico presente in Sicilia, individuato da egli stesso a Rocca Pizzicata “in mezzo ad un triangolo di Paesi: Randazzo(CT) Santa Domenica Vittoria (ME) e Roccella Valdemone (ME)”. La sua segnalazione indica un monumento rupestre collegato ad altre tracce sacre presenti in loco. Al fine di dare una visione generale egli traccia anche una sintesi della preistoria locale ed una breve scheda divulgativa su megalitismo e Stonehenge.[nggallery id=17]L’Ara di Rocca Pizzicata
Una fantastica struttura in pietra arenaria, a contrada di Rocca Pizzicata presso Roccella Valdemone (Messina), rivela l’esistenza di un complesso monumentale megalitico del quale, malgrado i millenni, ancor oggi si intuiscono vari elementi. L’aspetto della struttura principale suggerisce quello di un altare preistorico, ubicato ad Est e rivolto al Mare Jonio, al confine con i comuni di S. Domenica Vittoria(Me) Randazzo (Catania). In direzione Nord-Ovest si incontra un circuito di pietre (cromlech ?), a Nord delle pietre dritte (menhir ?) mentre a Nord-Nord Ovest alcune camere in pietra sembrano residui di dolmen. Al luogo ci si arriva attraversando il Fiume Alcantara in Contrada Imbischi e seguendo direzione Nord sui Monti Nebrodi fino ad arrivare in località Rocca Pizzicata. Prima di arrivare su in montagna, tra il primo ed il secondo terrazzamento, ci si imbatte in una Agorà greca di IV – III secolo a. C.
Nelle immediate vicinanze ci c’è un fantastico palmento bizantino in perfetto stato di conservazione. Mentre ad Ovest, proprio dietro l’altare, c’è una tomba a grotticella con anticamera a cella tipica del Bronzo Finale inizio del Ferro.
Dall’osservazione di altri complessi megalitici si può supporre che il complesso di Rocca Pizzicata potesse avere origine religiosa e cerimoniale. La sua ubicazione è rivolta ad Est, come per illuminare la faccia del sacerdote o di una presunta vittima, qualora si svolgessero sacrifici. Tutto ciò doveva avvenire durante l’Età del Bronzo, ammesso che la tomba o tumulo di sepoltura alle spalle dell’altare, sia stata costruita nello stesso periodo dell’altare. Una campagna di scavi porterebbe sicuramente a conclusioni più esaustive.
Note su Stonehenge
Il complesso di Stonehenge è il più significativo esempio europeo di architettura megalitica: costruito in più fasi che vanno dal 2950 a.C. fino al 1650 a.C., occupa una superficie circolare di 100 m. di diametro, al centro della quale è collocata una pietra-altare di forma rettangolare. La più grande delle Pietre Blu, era probabilmente eretta come una colonna in linea con l”asse del monumento. Questa pietra altare è ripetuta quasi nella medesima forma a Rocca Pizzicata, verso nord-est dove tale complesso si affaccia su un viale d”ingresso, al cui centro è posto un masso su cui sorge il Sole durante il solstizio d”estate, e tramonta perfettamente parallelo nel solstizio d’inverno.
Stonehenge inizialmente era un HENGE, cioè di un”area circolare di 100 metri di diametro delimitata da un fossato, nella quale erano distribuite a circolo 56 BUCHE dette AUBREY HOLES dal nome del suo scopritore. Mentre è probabile che queste buche fungessero da urne funerarie, alcuni studiosi, tra cui Sir Hawkins che fu il primo a studiare Stonehenge dal punto di vista archeostronomico, hanno ipotizzato che esse potessero servire per ricostruire il moto del Sole e della Luna al fine di prevedere le eclissi.
Questo primo circolo fu in seguito abbandonato e venne ripreso solo intorno 2100 a.C. per essere completamente rimodellato. Vennero introdotte 80 PIETRE BLU provenienti da i monti Preseli nel sud-ovest del Galles e messe nel centro a formare un incompleto doppio cerchio. Fu costruita una via d”accesso centrale con delle HEEL STONES che segnavano l”entrata; quest”ultima fu orientata verso il Solstizio estivo, come mostrano i rilevamenti archeostronomici.
La terza fase costruttiva si ebbe intorno al 2000 a.C. con l”aggiunta delle “Pietre Saracene”distribuite a circolo e collegate tra loro da delle pietre disposte come architravi una vicino all”altra. Internamente vennero messi 5 triliti in una struttura a forma di ferro di cavallo, di cui i resti si possono vedere ancora oggi. L”asse del monumento fu rivolto al solstizio estivo e marcato esternamente da una sola Heel Stone posta all’interno di un fossato. Questa nuova risistemazione di Stonehenge mette in evidenza l”abilità dei costruttori, in quanto queste pietre sono scavate in modo da creare degli incastri perfetti in grado di sorreggere le pietre poste come architravi. L”ultimo periodo si ebbe intorno al 1500 a.C. quando le BLUESTONES o Pietre Blu furono ridistribuite a ferro di cavallo e a circolo (alcune tracce di queste strutture sono ancora chiaramente visibili).
Note sul megalitismo
Circa 6.500 anni fa incominciarono a sorgere in numerose aree europee, da Malta al litorale atlantico, dalla penisola iberica alla Francia, dalle isole britanniche alle coste scandinave, giganteschi monumenti in pietra, detti megaliti (greco «méga», grande e «líthos», pietra, quindi grandi pietre). La realizzazione di queste imponenti costruzioni si protrasse per tutta l”età Neolitica e la prima età del Bronzo; esse erano solitamente costituite da enormi blocchi di pietra rozzamente tagliati, del peso di diverse tonnellate ciascuno, piantati isolatamente nel terreno, o posti gli uni sugli altri, senza alcun tipo di calce o cemento, come pilastri e architravi, in modo da ottenere uno o più ambienti coperti talvolta di notevoli dimensioni.
A seconda delle loro caratteristiche architettoniche e della loro presunta funzione, questi monumenti megalitici sono stati classificati in menhir, dolmen e cromlech. Per menhir si intendono i grandi blocchi isolati, piantati verticalmente nel terreno, sistemati però su lunghe file parallele, dette allineamenti, come per esempio a Carnac (Francia), o disposti in grandi cerchi concentrici, (Cromlech) come a Stonehenge (Inghilterra). I dolmen sono invece edifici funerari, interrati, di grande diversità di costruzione e di forma. Vi sono infatti i dolmen semplici, costituiti da un”unica camera rettangolare, i dolmen a corridoio, composti da una grande cella funeraria ed un lungo corridoio d”accesso; i dolmen a camere laterali, dove questi ambienti sono situati ai lati di un corridoio centrale; ed infine i dolmen a galleria, forse i più antichi, formati da una semplice serie di camere adiacenti e comunicanti tra loro.
Numerose e spesso assai discordanti sono state le ipotesi formulate nel corso degli ultimi decenni sul significato e sulle precise funzioni di questi monumenti megalitici. Attualmente la maggioranza degli storici sembra propendere per la tesi di una loro funzione essenzialmente religiosa, senza con questo voler escludere che dietro la loro costruzione e disposizione rituale si celassero finalità pratiche dettate dall”emergente economia agricola. Appare sempre più chiaro che i dolmen fossero strettamente legati all”esperienza della morte, vista una delle loro funzioni come sepolcro collettivo. Più complessa appare invece l”interpretazione dei menhir, legati anch”essi a pratiche religiose e alla Simbologia Fallica propizia alla riproduzione; come anche all’osservazione dei movimenti del Sole e della Luna per la determinazione dei cicli stagionali e, forse, dei movimenti delle maree. Poco si sa sugli artefici di questi monumenti.
Da lungo tempo si dibatte se la loro ideazione e il rito della sepoltura collettiva a essi connesso sorsero spontaneamente tra le comunità neolitiche europee o se, attraverso le rotte marittime, vennero introdotte da Oriente, sottostando però nel loro processo di insediamento a una profonda trasformazione culturale e materiale. Dopo il 1500 a. C. l”erezione di monumenti megalitici cessò in tutta Europa, ma secondo alcuni storici elementi dei rituali e delle credenze ad essi associati continuarono a sopravvivere a lungo nelle religioni dell”Europa pre-cristiana.
Preistoria nella Valle dell’Alcantara (Sicilia)
In “Contrada Marca”, nel Settembre del 1989, proprio accanto alla strada che porta a Francavilla di Sicilia e quindi giù in direzione Giardini-Naxos, la “Snam”, Società incaricata per la posa in opera di tubi occorrenti per un metanodotto, portò alla luce una Tomba Sepolcrale della Tarda Età del Rame- inizio del Bronzo Antico; nella galleria sotterranea, di 15 metri lunga, fu rinvenuto il seguente materiale archeologico:
-1) cospicue quantità di ossa umane depositate ad unico livello di
deposizione funebre indifferenziata;
-2) un teschio con quattro lame di selce al di sotto;
-3) quattro vasi, di cui uno non più ricomponibile, uno intatto e
due già ricomposti, quindi in discrete condizioni.
Tali ritrovamenti ci portano un po’ indietro nel tempo, al periodo del Castellucciano maturo; dunque più accostabile allo stile di Santo Ippolito, che va dal Neolitico all’ultima Età del Rame. Questo periodo dell’Eneolitico, è caratterizzato dal modo come lavoravano la ceramica, e cioè che l’impasto ricavato era di colore rosso corallo. In direzione Ovest troviamo “Pietramarina”. Questo Monte è così chiamato sin dai tempi dell’occupazione Spagnola, poiché Spagnolo è anche l’origine del suo nome. “Mirar” , infatti, in lingua Spagnola vuol dire “guardare”; ed era proprio quello che Loro facevano; cioè: scrutare la Valle dalla posizione più alta del Monte; per questo motivo ancora nel XVI secolo il monte veniva chiamato “ P I E T R A M I R I N A”.
La vetta del monte “Pietramarina”, è l’unica testimonianza rimasta di una montagna prima di essere sommersa dalle colate laviche dell’Etna che, in modo sistematico, nell’arco dei centinaia di migliaia di anni aggiravano i fianchi, coprendo non solo la stessa montagna ma anche le altre vallate e monti esistenti nella Valle dell’Alcantara.
Le colate laviche sono arrivate fino all’attuale letto del fiume “Alcantara”, spostandolo dall’originale corso. Sulla sinistra del fiume possiamo benissimo vedere, la differenza lito-morfologica del terreno; sulla destra, invece, notiamo un terreno leggermente in pendenza, causata dalle diverse colate laviche. Il Monte di “Pietramarina” fa parte del territorio più vecchio conosciuto nell’area di tutto il Comune di Castiglione di Sicilia; le grotte naturali esistenti nella roccia arenaria, una volta abitate, sono da attribuire al “Neolitico” cioè circa 6.000 anni fa.
Sono stati rinvenuti pietre ben levigate ed una vecchissima scure di pietra risalente a tale periodo. Dopo il “Neolitico” inizia la fase di civiltà più avanzata, diffusa nella parte Orientale della Sicilia: “La Cultura di Stentinello”, studiata e scoperta dal padre dell’Archeologia Paolo Orsi (1859-1935).
La cultura di “Stentinello” o “Neolitico” a ceramica impressa, trae il nome dall’omonimo Villaggio nei pressi di Siracusa; con gli inizi di questa cultura, gli uomini incominciarono a praticare: l’agricoltura, la lavorazione dell’argilla, etc. Qualche millennio dopo, l’abitato, che sorgeva nelle grotte, fu destinato a sorgere in vere e proprie case troglodite ricavate nel tufo; nell’arenaria le case vennero persino edificate a vani.
A Castiglione di Sicilia, sotto il castello propriamente detto, abbiamo un esempio di casa “troglodita”; in un angolino, tra la roccia ed il tetto, trova posto un’eccezionale costruzione scoperta dallo scrivente di questo servizio: un rudimentale “Forno Primitivo”. (Età del Ferro). Grandi mutamenti si ebbero con la “Civiltà del Castellucciano”, (inizio del Bronzo Antico), che va dal 2045 a.C. fino al 1000 a.C. circa, periodo in cui in Sicilia la presenza dei metalli era ancora molto rara; con l’arrivo dei Siculi prima, dei Morgeti ed Ausoni dopo, l’uso del metallo, (bronzo), si allargò a macchia d’olio; qualche secolo dopo, invece, il ferro, fece la sua prima apparizione.
Esistono altri luoghi a Castiglione a testimonianza che il sito fosse abitato in remotissimi tempi; qui mi riferisco alle grotte, di vario tipo e dimensioni, ricavate nell’arenaria, che si possono osservare lungo la via XXIV Maggio, sul Castello e sul Castelluzzo; senza contare le “Grottitte” di Contrada “Orgale”, che molto somigliano a quelli di Pantalica, la vastissima necropoli nell’entroterra di Siracusa.
I Sicani, popolo classificato come autoctono, (Diodoro Siculo), che abitavano ad Est dell’isola, si rifugiarono all’interno perché spinti bellicosamente dagli invasori, (Siculi), dando inizio così alle costruzioni di abitati in luoghi impervi ed inaccessibili. La caccia e la pesca erano le loro principali risorse. Imprecisate quantità di conchiglie, ostriche e resti di ossa d’animali, ritrovate in alcune grotte lungo le coste occidentali dell’Isola, sono le dirette testimonianze della loro esistenza. I Sicani, per alcuni storici, vengono definiti come un popolo venuto dalla Penisola Iberica; secondo altri, furono così chiamati, (secondo la tradizione) perchè guidati dal loro capo di nome “Sicano”; per Adolfo Holm, invece,come popolo proveniente dal Lazio. I Siculi, la tradizione vuole che furono Loro a scacciare i Sicani nella parte occidentale dell’Isola.
Diodoro Siculo ci trasmette, invece, che furono costretti a rifugiarsi ad Occidente perchè impauriti dalle continue eruzioni dell’Etna. Con l’arrivo dei Greci, furono i Siculi ad essere spinti all’interno della Sicilia; Pantalica, la vastissima necropoli nell’entroterra di Siracusa è un chiaro esempio di abitazioni rupestri risalenti a quel periodo.
A Castiglione di Sicilia, precisamente in Contrada “Balsamà”, o a “Chiappazza”, sei grotticelle fanno parte di un complesso funerario risalente all’Età del Ferro; una di queste, che sembra essere appartenuta al capo del villaggio, è a forma di squalo (e non casualmente credo;, infatti, la grande grotta a forma di squalo sita sull’altopiano di Contrada “Orgale”, è simile a quella citata; potrebbe quindi trattarsi di un’opera lasciata della stessa gente, anche se le grotte non sono molto vicine le une con le altre.
Per l’esattezza le grotte di Contrada “Balsamà” si trovano sull’estrema vetta della montagna omonima, posta in direzione Sud.
Il 21 Giugno 1997, sotto espresso invito dello scrivente, visitò il luogo predetto, accompagnato da alcuni membri dell’Archeo-Club, il Prof. Francesco Privitera, Archeologo funzionario della Soprintendenza dei BB.CC.AA. di Catania che, da un primo esame, identificò il sito come appartenente all’Età del Ferro; lo stesso giorno abbiamo potuto visitare anche la Necropoli di Contrada “Marca”. Guardando, invece, verso Nord, dirimpettaie, troviamo le “Grottitte” di Contrada “Orgale,” altro sito preistorico di simile costruzione ispezionato dallo stesso Privitera qualche anno prima. Inoltre, una roccia somigliante ad una tartaruga sullo stesso Altipiano, che doveva essere abitato da un gruppo esiguo di persone, sorge su un’oasi di pace immersa nel verde a cavallo della “Valle dell’Alcantara”, a circa 350 metri d’altezza.
Qui, ciò che la natura ha creato, è una bella e fantastica visione, esistente, e derivante dalla realtà, che, insieme alla “Rocca dello Squalo”, rappresentano i simboli di una possibile civiltà esistita, e scomparsa ormai da tanto tempo. Questo solitario luogo, una volta, forse dedicato alla venerazione ed alla meditazione doveva essere dotato di un’ arcaica costruzione come nutrimento d’intelletto e di culto, un arco scavato in una roccia, che, per oscuri motivi e’ rimasto testimone incompiuto del sito, e che probabilmente doveva servire come cornice di abbellimento ad un ipotetico tempio.
Gli enormi megaliti meravigliano per la loro grandezza. Un grande macigno definisce il mistero, così come è mistero la sua ubicazione ed il vuoto sotto esistente: sembrerebbe, a tal proposito, che oscure forze l’abbiano lì deposto per poter spiegare il significato della sua esistenza; ma il fato, purtroppo, ha fatto in modo che le risposte fossero murate nel suo stesso ventre. Le sorprese non finiscono di stupirci; infatti, a pochi passi da qui un’altra prodigiosa opera della natura, (o dell’uomo): una spelonca, un tempo ingresso di animali, che i cacciatori spingevano dentro con mirabile pazienza, laddove i commensali erano loro stessi, e proprio dentro l’antro vecchissimi resti di un’arcaica costruzione.
Una vecchia ruota usata per la macinatura del grano, adagiata sotto un piede di quercia, squarcia il silenzio secolare: non dovrebbero esserci dubbi sull’antropizzazione di questo luogo.
Nelle immediate vicinanze, incise sulle rocce, alcune frecce, come segno di orientamento, che guardano in direzione delle “Grottitte,” dove i Siculi, nel XIII Secolo a.C. in grado ormai di costruire Villaggi come quello di Pantalica-iniziarono la loro opera nei grossi blocchi di pietra, per la costruzione delle loro eterne dimore.
Le grotte, tutte comunicanti fra loro, simbolicamente, rappresentavano la fratellanza, che mescolava la laboriosità e l’istinto della natura umana, creando così l’unione.
Analizzando attentamente questo luogo si nota che diverse grotte figurano dissociate dalla costruzione pilota, e in una si può persino notare un archetto, scavato probabilmente per l’applicazione di una maschera apotropaica; inoltre, un’altra, fu bersaglio, durante l’ultimo conflitto mondiale, di un aereo che proprio qui lanciò un micidiale ordigno: la sorte volle, però, che il pilota non centrasse la grotta; la bomba, infatti esplose nelle immediate vicinanze spaccando la roccia in due.
Infine, è doveroso citare che poco più a valle, in Contrada Sughero o Sovere (Suuru) quarant’anni fa circa, dei contadini, zappando in profondità, portarono alla luce reperti risalenti al periodo greco-classico, con chiari segni manifatturieri dell’avvenuta mescolanza fra Siculi-Greci circa 425 a.C.
(ENZO PATANE’)
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