Tentare di comprendere un fenomeno simbolico in assenza del relativo codice interpretativo, può far incorrere in considerazioni di tipo strettamente soggettive. Alla luce delle attuali conoscenze archeologiche ed antropologiche, è possibile rendere prive di qualsiasi valore scientifico tutte quelle teorie che sin dall”inizio del secolo sono state utilizzate come veri e proprio assunti scientifici.
Tentare di comprendere un fenomeno simbolico in assenza del relativo codice interpretativo, può far incorrere in una serie di tentativi plasmati da sistemi valutativi disomogenei e considerazioni di tipo strettamente soggettive. Sappiamo che ogni forma di conoscenza relativa al proprio bagaglio teorico-cognitivo plasma e condiziona il modo stesso di configurarsi dell”oggetto che si vuol conoscere e tentare di analizzare. Un sistema culturale totalmente altro, rappresentato in questo caso dal fenomeno imponente delle rappresentazioni grafiche preistoriche, diventerà comprensibile solamente se sarà possibile mantenerlo, per quanto possibile, al di fuori dei nostri parametri valutativi e classificatori. L”approccio allo studio di quella che, erroneamente, viene definitiva arte rupestre è, dunque, stato, nella quasi totalità delle volte, viziato da convinzioni più o meno personali, che hanno minato alla base la possibilità di una lettura oggettiva. Alla luce delle attuali conoscenze archeologiche ed antropologiche, è possibile rendere prive di qualsiasi valore scientifico tutte quelle teorie che sin dall”inizio del secolo sono state utilizzate come veri e proprio assunti scientifici, e tentare, allo stesso tempo, di ridefinire i limiti e le prospettive di uno studio di tipo oggettivo e non pre-nozionistico.
Partendo da questi presupposti, è necessario metter in evidenza le debolezze strutturali delle vecchie teorie, per ridisegnare le fondamenta del fenomeno attraverso le più moderne conoscenze di carattere multidisciplinare. Apparirà, credo, un quadro d insieme forse meno preciso ed assoluto, ma anche in grado di prospettare affascinanti prospettive di studio future. Cominciamo dal termine stesso con cui viene comunemente definito il fenomeno, quello di arte rupestre, che è stato, ed è tuttora, alla base di un enorme quantità di fraintendimenti concettuali e teorici. Con esso si è voluto vedere un sistema culturale con cui le popolazioni preistoriche concettualizzavano i propri sistemi religiosi fissandoli nelle pareti più inaccessibili delle grotte, e creando, era questa l”idea di Leroi-Gourhan, dei veri e propri santuari nei quali celebrare, in gran segreto, l”intera gamma di riti sacri appartenenti al proprio complesso ideologico-religioso.
L”idea di una divisione, consapevole, tra sfera religiosa e profana non era messa in discussione, cosi come l”idea che parte di quelle opere potessero essere classificate e giudicate attraverso parametri estetici aventi una logica esclusivamente all”interno della cultura in cui erano nate e dalla quale traevano significato. Se l”importanza dell”opera di Leroi-Gourhan sta nell”aver impostato il suo studio sulla considerazione che l”arte rupestre fosse da valutare da un punto di vista meramente simbolico, dall”altro pecca di profonda ingenuità nel momento in cui definisce l”intero fenomeno attraverso l”utilizzo di un sola teoria onnicomprensiva, ricca di concezioni etnocentriche e totalmente decontestualizzata in rapporto all eterogeneità delle manifestazioni esistenti.
Riguardo ai parametri estetici utilizzati nella classificazioni delle opere, è sorto quasi da subito il dubbio che la nostra concezione di bello potesse rivelarsi fuorviante se trasportata meccanicamente ed acriticamente all”interno di culture cosi diverse e lontane nel tempo. Da qui si è tuttavia passati velocemente ad un”idea di bello relativo, valutando l”impatto visivo come secondario, rispetto a parametri più scientifici e meno soggettivi. Non si vuole escludere che il singolo artista ricevesse un godimento estetico, di fronte alla proprie opere, ma in assenza di quei codici valutativi (dei gruppi cui faceva parte e con cui condivideva l”apparato ideologico-simbolico) non rimane che ritenere ugualmente importanti le singole manifestazione grafiche, privando di qualsiasi attendibilità i tentativi di gerarchizzazione in base a quei criteri a noi estranei.
Un altro fondamentale errore delle vecchie teorie sull”arte preistorica, fu di decontestualizzare il fenomeno sia rispetto alle evidenze archeologiche ad esso legate, sia rispetto all”importanza che dovette avere l”ambiente circostante. Non è aspirazione di chi scrive ricadere in un piatto determinismo ambientale, che rischierebbe di far apparire la cultura come un qualcosa funzionante secondo il classico schema stimolo risposta di stampo biologista. Si vuole, invece, tracciare un percorso conoscitivo che renda ogni fenomeno capace di aiutare, in una visione fortemente sistemica, a ricreare un”immagine quanto più vicina alla realtà dei fatti.
Se dunque escludiamo dalla nostra trattazione tutte queste idee, quel che rimane perde forse parte di quella visione romantica che troppo spesso gli si è voluta dare, ma acquista in concretezza e senso della realtà.
L”imponente fenomeno delle arti grafiche preistoriche ci mettono al corrente di gruppi sociali nei quali doveva funzionare un complesso sistema di comunicazione, e nel quale trovasse ampio spazio un apparato simbolico estremamente ricco ed articolato. Le opere ritratte sulle pareti delle grotte e dei ripari sotto roccia ci danno chiara idea di un processo cognitivo ormai giunto a termine, grazie al quale poter oggettivare con straordinaria forza la propria identità etnica, aumentando, di conseguenza, la probabilità di sopravvivenza del gruppo stesso.
Ed in questo risiede un apparente paradosso, che solo una ritrosia ad abbandonare vecchi preconcetti può mantenere in vita. La posizione marginale della figura umana all”interno della quasi totalità delle correnti di arte rupestre esistenti, è stata presa come prova definitiva circa la posizione di netta subordinazione che questa doveva avere nei confronti degli animali, veri padroni della scena. L”uomo sembra, in effetti, tramortito di fronte alla potenza del mondo a lui circostante, un mondo con cui dovette rapportarsi attraverso un insieme di sentimenti contrapposti, in un intreccio spesso sconfinante nel mondo del fantastico e dell”irrazionale, ma sempre presente in maniera preponderante. Se valutiamo, al contrario, l”evoluzione cognitiva della specie Homo, ci accorgiamo di come questa superiorità del mondo animale rappresenti una visione fortemente debitrice nei confronti dell”uomo, in realtà unico protagonista della scena.
L”arte rupestre rappresenta forse il momento più spettacolarmente evidente di un processo di progressivo scollamento dell”uomo dai normali circuiti naturali, potendo rappresentare una conferma di un possibile processo di neolitizzazione precoce, avvenuto, prima ancora che visibile attraverso un deciso cambiamento a livello di struttura socio-economica e per questo rintracciabile a livello di ricerca archeologica, a livello cognitivo. L”uomo deve sentirsi ormai al di fuori dallo stato di natura se è in grado di rappresentarsela in maniera cosi eclatante e decisa, e sicuramente se ne sente il dominatore se può padroneggiarla a livello simbolico.
Ogni controllo fisico presuppone un suo stretto controllo mentale, e solo un essere che sa di poter modificare il proprio ambiente a suo uso e consumo può sentirsi autorizzato a plasmarlo e usarlo come sistema di comunicazione orizzontale e verticale. Quel processo di neolitizzazione può, sulla base dello studio dei fenomeni simbolici rintracciabili nei gruppi preistorici -dei quali l”arte rupestre ne rappresenta l”ultimo e più spettacolare esempio- essere quindi fatto oggetto di verifica cronologica. Nello stesso tempo può permettere di ridisegnare l”intera mappa della nascita delle prime forme di scrittura e delle prime religioni; specie per quanto riguarda le fasi di arte rupestre studiate nel Nord Africa, dalle quali è possibile estrapolare elementi utili per una riconsiderazione temporale delle ultime fasi della preistoria.
(LUCIO SCHINA)
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