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IL SIMBOLISMO DELLE CORNA NELLA PREISTORIA E NELLA PROTOSTORIA INDIANE (Note di una Tesi di Laurea)

L”analisi simbolica è una delle attività più importanti ma, probabilmente, anche più problematiche cui uno studioso possa dedicarsi, data la natura per così dire alquanto aleatoria della materia trattata, l”altissimo numero di fonti da prendere in considerazione e, non ultima, l”estrema difficoltà nel discernere quanto possa essere effettivamente desunto dalle testimonianze fattuali e quanto, invece, si debba più all”attività speculatoria -magari anche inconsapevole- dello studioso stesso. Tuttavia sono anche ben pochi i campi d”indagine delle scienze antropologiche -intese in senso lato- più affascinanti e potenzialmente ricchi di sorprese, all”interno dei quali però ci si deve muovere con cautela come in una fitta foresta in cui sia difficile distinguere, vedere con chiarezza, non perdere la strada.

[nggallery id=41]Quando ci si accinge a un”impresa del genere è fondamentale aver ben presente da dove si parte, dove si vuole arrivare e soprattutto con quali mezzi si intende procedere. In poche parole (e mi si perdoni la banalità dell”osservazione), è essenziale avere presente una metodologia di studio, tanto più in tema di analisi simbolica in quanto le trappole e le false piste si celano dietro ogni angolo. La ricerca di un metodo per uno studio di tipo di simbolico è stata la motivazione principale di questo lavoro di tesi; il fine era quello di riuscire a costruire una serie di puntelli metodologici partendo dai quali si potessero affrontare ricerche simbologiche in contesti anche differenti tra loro. A questo fine si è scelto di non impostare la ricerca metodologica in maniera diretta, ma per così dire ”trasversale”: cioè, in maniera tale che fosse possibile desumerla da una sua applicazione effettiva immediata, assai più utile -a mio parere- per spiegare la scelta di un certo approccio ermeneutico rispetto a lunghe e aride spiegazioni prive di applicazione.

La scelta poi del contesto indiano preistorico e protostorico è dovuta a diverse ragioni. Innanzitutto il subcontinente è, in larga parte, un universo ancora poco e superficialmente esplorato nelle sue epoche antecedenti la comparsa della scrittura; d”altro canto, è diventato sempre più evidente nel corso degli anni come ci sia una diffusa continuità -culturale, antropologica, filosofica, religiosa- che è una delle caratteristiche primarie dell”India, e che permette di includere tra gli strumenti d”indagine anche i metodi etno-antropologici, e di avvalersi delle speculazioni religiose e filosofiche di epoche successive. In pratica, dunque, il subcontinente indiano presenta un contesto ideale per un approccio multidisciplinare a ogni tipo di analisi simbolica, data la larga varietà di fonti attingibili per essa. E la multidisciplinarietà, in sostanza, vuole essere la cifra di tutto il nostro lavoro.

Il puntello metodologico più importante da noi utilizzato, e sul quale si fondano tutte le considerazioni successive, è la prospettiva di tipo fenomenologico: ovvero -in linea principalmente con la corrente di pensiero inaugurata da Mircea Eliade in storia delle religioni- il considerare un simbolo come una vera e propria entità, indagabile nei suoi pur molteplici significati ma che pur sempre gode di una consistenza ontologica sua propria, una sua essenza la quale può essere riconosciuta anche in contesti culturali diversi per spazio e per tempo.

Alla luce di ciò è stata impostata l”intera prima parte del lavoro, che va sotto il titolo di ”Simbologia Generale”. Dopo aver accennato ai primi e più immediati significati simbolici delle corna, si è proceduto a una analisi più articolata e dettagliata delle stesse, suddividendone le manifestazioni in ambito animale (bestie mitiche: dall”Antico Egitto alla Lapponia), ambito umano (maschere, copricapi e costumi sciamanici, corone) e ambito oltremondano e composito (divinità, figure composite). Un capitolo a parte è dedicato all”archetipo del Signore degli Animali. Dopo questa sezione per così dire ”astorica” comincia il lavoro di esame del simbolismo delle corna più contestualizzato cronologicamente e spazialmente, a partire dalle testimonianze di epoca preistorica. Questa sezione comprende una prima e corposa parte di considerazioni di carattere metodologico sull”interpretazione delle testimonianze archeologiche preistoriche, compreso un quadro generale dell”universo simbolico finora ricostruito per l”uomo preistorico.

Anche in questa parte discutiamo le premesse metodologiche secondo le quali portiamo avanti il nostro discorso ermeneutico sulle corna: in particolare spieghiamo l”approccio pionieristico alle testimonianze ”religiose” preistoriche adottato da André Leroi-Gourhan (soprattutto, ma non solo, per quanto riguarda l”arte rupestre), concernente la ricchezza e la complessità di un mondo simbolico che fino a qualche anno fa molti si limitavano a definire ”primitivo”. Per forza di cose l”analisi delle testimonianze archeologiche (fittili e rupestri) non è approfondita quanto meriterebbe la vastità dell”argomento; abbiamo quindi scelto alcuni momenti significativi e illuminanti per la nostra ricerca, tentando di sviscerarli nel modo più completo possibile.

La stessa filosofia è stata applicata per le epoche successive: del periodo Neolitico e post-Neolitico abbiamo deciso di prendere in esame due dei contesti più importanti e ricchi di elementi sull”interpretazione simbolica delle corna. In primo luogo quindi si parla dell”Anatolia di Çatal Hüyük (ca. 6500 – 5500 a.C.) con la sua ”ossessione” per le corna taurine e l”associazione/giustapposizione con un”iconografia del tipo della ”Grande Madre”; in secondo luogo si considera l”iconografia sacra di epoca minoica nell”isola di Creta, celebre appunto per la capillare diffusione di un elemento architettonico fortemente pregno di significati simbolici come le cosiddette ”corna di consacrazione”. A questo punto, poco più di metà del lavoro è stato dedicato, in pratica, a una preparazione per il cuore della tesi, al fine di contestualizzare e mettere in prospettiva generale (e comparata) il simbolo che ora andremo ad analizzare nella sua presenza nel subcontinente indiano.

Anche qui, l”opera di analisi è stata scissa in due momenti separati cronologicamente ma anche iconograficamente e tipologicamente: la preistoria, ove la stragrande maggioranza delle testimonianze al proposito si concretano nella ricchissima arte rupestre, e la protostoria, epoca molto documentata per quanto riguarda l”India, sia da un punto di vista ”letterario” (molti fanno risalire a questo periodo la composizione dei Veda, raccolte di versi sapienziali/mitologici/religiosi tramandate oralmente per secoli prima di essere messe in forma scritta) sia dal punto di vista documentario, con le numerosissime testimonianze reperite nei decenni tramite gli scavi nella zona dell”Indo-Sarasvati, in particolare nella forma di centinaia di sigilli in terracotta.

Lo studio dell”arte rupestre indiana presenta delle problematiche tutte sue, dovute per lo più alla grande giovinezza degli studi sull”argomento e alla scarsità non solo di essi ma anche di studiosi che affrontino o abbiano affrontato l”argomento in maniera seria e sistematica; i nomi al proposito si contano sulle dita di una mano, e inoltre l”argomento non gode di gran supporto in paesi al di fuori dell”India. A ogni modo, sulla base del materiale fino a questo momento catalogato e classificato, si è cercato di individuare se le corna fossero un elemento iconografico comune e quanto, quali fossero i contesti più significativi dove esse sono utilizzate, e che tipo di interpretazione se ne può dare alla luce di tutto ciò e delle considerazioni più generali fatte nella metà precedente del lavoro. Si è scelto di separare l”arte rupestre indiana in due grandi momenti: un primo più antico, prodotto da popolazioni a economia di caccia e raccolta, e un secondo più recente che invece presenta ovvie relazioni con popolazioni a economia sedentaria, basata principalmente su coltivazione e allevamento.

L”analisi ha permesso di accertare quanto la divisione in questi due grandi momenti sia perfettamente legittima e anche piuttosto netta, non solamente in relazione a considerazioni stilistiche e iconografiche ma anche come contesti simbolici significativi, all”interno dei quali le corna esplicano chiaramente il loro potenziale simbolico dandoci la possibilità di trarre considerazioni assai interessanti al proposito, in modo da creare un quadro generale (dai contorni ovviamente incompiuti, ma nondimeno indicativamente significativi) sul loro utilizzo in tali epoche. Il passo successivo è, come detto, l”esame delle testimonianze del subcontinente relative alle corna in epoca protostorica. Come e più che nel capitolo precedente, anche in questo caso ci si è dovuti muovere su di un terreno minato, sebbene per motivi assolutamente differenti: dove nel primo caso era la scarsità di studi e studiosi il motivo delle cautele, in questo ambito invece è l”estrema abbondanza dei primi e dei secondi a raccomandare la prudenza, in ragione del fatto che la protostoria indiana -e con essa la formazione di una delle più antiche civiltà urbane del globo, impropriamente chiamata ”Civiltà della Valle dell”Indo- è stata presa da decenni, in oriente quanto in occidente, come una ricerca della ”patria orginiaria” della ”cultura indoeuropea”, dando adito a scontri più politici che accademici sull”antichità o meno, sull”originalità o meno di questo o di quell”aspetto culturale.

Inoltre, proprio uno degli argomenti centrali della sezione è stato ed è tuttora al centro di combattuti dibattiti tra gli specialisti del settore, dal momento che esso si pone come una delle questioni-chiave riguardanti la continuità culturale e soprattutto religiosa dell”India: stiamo parlando dell”interpretazione di una serie di sigilli in terracotta (in particolare il 420 di Mohenjo-Daro) che riportano l”immagine di una figura umanoide munita di un copricapo cornuto o di un vero e proprio paio di corna forse bufaline, seduto a gambe incrociate in una posizione che molti non esitano a definire ”yogica”; tale figura è spesso in associazione con degli animali, in particolare il bufalo, la tigre, il rinoceronte. Molti studiosi vedono in esso una figura che sarà poi codificata nella mitologia hindu come una delle molte forme di Shiva; essa testimonierebbe dunque le origini antichissime di una delle divinità fondamentali della religione teistica indiana. Per quanto riguarda lo scopo della nostra ricerca, sono proprio le corna -fittizie o meno- che sembrerebbero racchiudere in sé la chiave interpretativa di questo ”Proto-Shiva”.

Da parte nostra quindi si è affrontato questo argomento forti di tutte le considerazioni fatte in precedenza, dalla mitologia comparata all”arte rupestre, cercando soprattutto di individuare alcuni punti fermi che, scevri da stimoli nazionalistici o colonialistici, possano illuminare la questione di una nuova luce. Non solo di questo però si discute in questo capitolo: anche qui sono molte le considerazioni metodologiche dibattute, prima di passare alla loro applicazione pratica sulle ricche testimonianze documentarie offerteci dal suolo indiano. Non solo i sigilli dunque, ma anche la terracotta e le statuette in lega metallica (non si può parlare propriamente di bronzi) ci forniscono una serie di dati utili alla nostra ricerca, che comprende anche l”analisi delle altre figure raffigurate con corna: ”unicorni”, esseri metà umani e metà animali, animali compositi, rinoceronti, bufali, e altri. Infine, l”ultimo capitolo accenna all”uso delle corna nell”ambito dei copricapi testimoniato presso alcune società tribali del subcontinente, anch”esso possibile indice di una straordinaria continuità culturale che, se effettivamente verificatasi, si distende oltre i secoli addirittura nei millenni.

Naturalmente, per quanto si sia cercato di trattare ogni argomento nella maniera più esaustiva possibile, sono ancora moltissime, anzi infinite le considerazioni, le analisi, le discussioni che si possono fare sul tema del simbolismo delle corna nell”India antica; il nostro scopo era però, più modestamente, quello di proporre un metodo d”indagine nuovo per quel campo di studi, cercando di non rimanere bloccati nelle molte pastoie che purtroppo affliggono molti dei lavori pubblicati riguardo a esso.

(MARCO FERRANDI)

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