Relazione presentata al “VALCAMONICA SIMPOSIUM”1998 – E. ANATI
Per l”aborigeno la pittura è scrittura e con essa trasmette e memorizza essenziali eventi dell”epoca dei Sogni, è un atto magico per fare rivivere il mito e renderlo memoria. Le pitture degli aborigeni australiani sono oggi uno dei pochi esempi di arte di popoli cacciatori allo stato brado, per i quali sia possibile avere una spiegazione del significato, da parte degli autori stessi o di coloro che ancora conservano le stesse tradizioni. Queste pitture sono, per l”etnologo, una occasione unica di contatto diretto con la realtà culturale e artistica di popolazioni che vivono ancora nell”età della Pietra.
Premessa
Memoria e mito sono indivisibili. Il mito è memoria di un”epoca in cui gli spiriti e gli uomini comunicavano tra di loro quotidianamente e in cui il cielo e la terra prendevano forma attraverso quelli che noi chiamiamo ”miti di origine” e gli aborigeni australiani chiamano memorie dell”epoca dei sogni.
Per centinaia di generazioni, gli aborigeni hanno cercato e trovato il significato di ogni forma, di ogni roccia, di ogni collina. Tutto ha un senso, tutto fu concepito, voluto, creato, modellato e fatto vivere, dagli spiriti ancestrali nell”epoca dei Sogni: ogni linea della natura ricorda un epos, ogni grotta è piena di leggende, ogni pozza d”acqua racchiude più storie di un gran monumento. Ogni fin piccolo particolare di questo paesaggio brullo, immobile, eterno, nel quale sono immersi ogni giorno, è per loro pieno di vita, di azione, di ragione esistenziale. L”uomo e l”ambiente sono tutt”uno.
Questa totale simbiosi con il territorio, vissuta, ragionata e motivata, da parte dei clan aborigeni, di quei clan che oltre quaranta millenni or sono arrivarono per la prima volta in un immenso territorio che nessun uomo aveva mai calpestato, è il tema fondamentale dell”arte prodotta da una popolazione contemporanea che si trova nell”età della Pietra. Gli aborigeni costituiscono un caso eccezionale di testimonianza del modo di vita e del pensiero dell”umanità dei primordi.
Pietre, piante, animali, uomini e spiriti vivono nella intimità dell”aborigeno nel suo ambiente, nella serena consapevolezza delle regole del suo mondo, dove il reale e l”immaginario sono indivisibili. Esprimersi con la musica, la danza e la pittura fa parte di un modo di vivere e di socializzare con il mondo circostante, con le pietre che accolgono l”arte rupestre e con le cortecce d”albero, che accolgono anch”esse le pitture, con il paesaggio, con le pietre, le grotte, le pozze d”acqua dove le forme stesse sono testimonianza della verità del mito divenuto memoria.
[nggallery id=25]La corteccia dell”Eucaliptus
Per l”aborigeno la pittura è scrittura e con essa trasmette e memorizza essenziali eventi dell”epoca dei Sogni. Ma dipingere non è solo scrivere, è anche leggere, leggere i propri pensieri, i propri sogni, i messaggi degli spiriti e della natura, ed è un atto magico per fare rivivere il mito e renderlo memoria.
L”Eucaliptus, chiamato in Australia Gum tree, o albero della gomma, è la pianta più comune e più caratteristica del continente australiano. Le cortecce di questo albero sono state utilizzate, da tempi immemorabili, per farvi canoe e per costruirvi capanne, soprattutto in certe zone costiere e lungo fiumi. La corteccia è la materia prima più malleabile per svariati usi della cultura materiale.
L”aborigeno australiano ha una spiccata tendenza artistica; là dove la corteccia d”albero era maggiormente usata per funzioni utilitarie, essa fu adoperata anche come base di creazioni artistiche. La faccia interna della corteccia, abbastanza liscia, ma con nervature che ne ricordano la natura vegetale, con il colore beige neutro che caratterizza l”ambiente in molte parti dell”Australia, con una testura ruvida ma abbastanza omogenea, ha tutti gli attributi per stimolare la mano e la mente umana ad usarla come base per la creazione immaginativa.
Esploratori già all”inizio del secolo passato parlano di pitture su corteccia in Tasmania che ebbe gli ultimi contatti preistorici con il continente australiano circa diecimila anni or sono. Vi sono notizie di pitture su corteccia anche in parti dell”Australia dove questa tradizione si è oggi perduta, come nello stato di Victoria e nella Nuova Galles del Sud. Nel Sud-Est del continente, sono noti alberi con la corteccia decorata, incisa e lasciata sul posto, mentre pitture su corteccia nel senso in cui vengono generalmente definite, su pannelli movibili, sono rare: se ne conoscono di sporadiche provenienti dallo stato di Victoria, mentre non se ne è conservata neppure una, per quanto se ne sa attualmente, della Tasmania.
In qualche caso, le pitture decoravano cortecce che facevano parte di capanne o di altre strutture fatte dall”uomo. Ma ve ne sono altre che sono state create e considerate come documenti a sé stanti e per le quali l”unico uso era quello della pittura, con tutte le qualità dei fattori mitologici, intellettuali e didattici che costituiscono.
Negli ultimi anni, artisti aborigeni hanno eseguito pitture su corteccia in varie parti dell”Australia, ma in tutte le zone dove non esisteva una precedente tradizione, le nuove creazioni hanno poco di genuino.
In pratica, è solo lungo la parte centrale della costa settentrionale, dal Kimberley al golfo di Carpentaria, che si è tramandata, fino ad oggi, una spontanea tradizione di pitturare su corteccia e la grande maggioranza delle opere conservate in collezioni pubbliche e private, di tale tipo di arte aborigeno, provengono dalla Terra di Amhem e dalle isole vicine.
Anche per quanto riguarda gli artisti di questa zona, oltre ad esservi scuole diverse per le varie regioni, oltre ad esservi una differenza nel potere creativo dei singoli artisti, vi sono creazioni con gradi diversi di genuinità.
Categorie di pitture su corteccia
L”artista aborigeno è un artista sotto tutti gli aspetti che, nell”eseguire opere che hanno specifiche finalità di carattere culturale, prova anche un impulso e un piacere creativo.
Si pensa che, all”origine, le pitture su corteccia avessero un fine iniziatorio e didattico. Gli anziani del gruppo eseguivano i dipinti con figure di carattere mitologico, con simboli ed animali totemici, con descrizioni di leggende, come mezzo per iniziare i giovani alle vicende e alle tradizioni della tribù. A questo primo movente si è aggiunto quello del gusto personale, dello spirito creativo e immaginativo dell”artista. Si può dire che tutte le pitture su corteccia note, anche quelle più antiche, posseggono palesi manifestazioni della volontà dell”artista di eseguire una creazione artistica. Per quanto riguarda il valore delle opere quali documenti etnologici si riconoscono quattro categorie:
l. L”opera eseguita prima del contatto con l”uomo europeo e apparentemente avente finalità iniziatorie, evocatrici o magiche. Di questo tipo si conoscono esemplari sporadici, in pessimo stato di conservazione, e tutti appartenenti a musei.
2. La creazione artistica, fatta e vissuta come tale, eseguita a scopo rituale in ambiente che basa la propria esistenza sulle tradizioni ma che ha già avuto contatti con gli europei. Sono le migliori opere d”arte, di altissimo valore grafico e concettuale. Questo tipo di creazione che è sempre stato raro, lo sta divenendo sempre più.
3. La creazione artistica di buoni artisti aborigeni professionisti che eseguono le loro opere d”arte con una piena conoscenza delle tradizioni, ma che producono anche per un mercato di non aborigeni. Quest”arte è in parte creata per il commercio e non sempre è possibile stabilire cosa sia prodotto per finalità locali e cosa no. Vi è stata una notevole produzione di queste creazioni. Relativamente accessibili a molti, fino ad alcuni anni or sono, divengono sempre più rare. Gli artisti, con una buona nozione della mitologia e delle tradizioni tribali, si fanno sempre più sporadici.
4. La creazione di artisti aborigeni che, spinti dalle richieste di mercato, producono pitture su corteccia che imitano e ripetono quelle che hanno visto da fanciulli nel loro ambiente tribale. Questa categoria è alimentata dai turisti e dai piccoli collezionisti e la, sua produzione si trova in aumento. Le creazioni, anche se talvolta possono essere ricche di armonia e di gusto estetico, sono prive di quella immediatezza e profondità che si trova nelle precedenti categorie. Negli ultimi anni poi, lo stile sta cambiando e l”arte delle pitture su corteccia è ormai al declino. Diversi artisti aborigeni perfino firmano le loro cortecce, ovviamente in inglese.
Mentre le prime tre categorie sono eseguite con sostanze coloranti raccolte e stemperate dall”artista nella natura, l”ultima categoria è spesso eseguita con colori prodotti industrialmente e acquistati in tubetti. Le immagini qui presentate sono del secondo e terzo tipo. Fanno parte di una collezione privata acquisita in gran parte negli anni ”50 e ”60. Alcune risalgono al 19° secolo; la maggioranza è attribuibile alla prima metà del 20° secolo ma riflettono il modo di pensare e di vedere di cacciatori-raccoglitori in piena età della Pietra. Il declinio dell”arte su corteccia segue il suo processo di commercializzazione e il concomitante allontanamento dalle finalità primaria, evocatrici dei miti, iniziatorie ed educatrici. La decadenza dell”arte segna inesorabilmente la fine della cultura e delle tradizioni dalle quali ha preso vita. Con sgomento si segue questo crudele processo nel quale una creatività artistica esistenziale sta trasformandosi in folklore.
Tradizioni paleolitiche
Gli aborigeni australiani creatori delle pitture su corteccia, vivono in clan di cacciatori, usano la lancia e il boomerang, usano il lancia-dardi ma, per la massima parte, fino a due o tre generazioni or sono, non conoscevano l”arco e la freccia; lavorano la selce e la quarzite con le quali producono strumenti litici di tipo paleolitico. Raccolgono frutti spontanei ed anche cereali selvatici, usano, come unico mezzo di cottura dei cibi, il contatto diretto di questi con la brace ardente. Usano accendere il fuoco con il bastoncino che viene frullato tra i palmi delle mani; hanno un unico animale domestico, il canide dingo, e lo hanno avuto già da alcuni millenni. In termini della archeologia europea, essi sarebbero considerati come paleolitici e sono, in effetti, il raro caso di un popolo attualmente vivente sulla Terra, che può essere definito come tale. Ma il raffronto con l”archeologia europea non è sempre possibile. La loro principale forma d”arte visuale è l”arte rupestre. Le cortecce dipinte sono un”arte mobile la cui produzione è circoscritta a determinate zone.
Gli aborigeni hanno raggiunto una tale simbiosi con il proprio ambiente, da potervi tranquillamente vivere di caccia e di raccolta senza nessuno stimolo e necessità di considerare una produzione del cibo.
Il contatto con la società europea ha snaturato la loro vita e oggi, la loro sopravvivenza nel contesto integrale e genuino, è limitata a zone sempre più ristrette. In pratica, aborigeni che vivono come tali in base alle proprie tradizioni e ai propri metodi di sussistenza sono in via di estinzione definitiva. Con la scomparsa di un modo di vita e delle tradizioni ad esso connesse, inesorabilmente cesserà di essere creata anche l”arte ispirata da tali tradizioni. Questo processo è già in atto e l”arte aborigena creata oggi, anche la migliore, salvo qualche raro caso, non è più quella di alcuni anni or sono.
Le pitture genuine su corteccia d”albero, quelle create nell”ambiente tribale, con una completa nozione del loro significato mitologico e culturale, sono destinate a divenire rarissime, anche se le imitazioni, da parte degli aborigeni stessi che sono divenuti di colpo cittadini del ventesimo secolo, stanno già formando un mercato non indifferente. Le pitture degli aborigeni australiani sono oggi uno dei pochi esempi di arte di popoli cacciatori allo stato brado, per i quali sia possibile avere una spiegazione del significato, da parte degli autori stessi o di coloro che ancora conservano le stesse tradizioni. Queste pitture sono, per l”etnologo, una occasione unica di contatto diretto con la realtà culturale e artistica di popolazioni che vivono ancora nell”età della Pietra.
Le pitture su corteccia s”inseriscono in una vasta gamma di creazioni grafiche degli aborigeni. Ad esse si uniscono pitture e incisioni rupestri eseguite su superfici di pietra, decorazioni di ciotole, di boomerang, di lance, di lancia-dardi, di ciuringia e di altri strumenti di uso quotidiano, su panieri ed altri contenitori, decorazioni su tronchi d”albero che rimangono in situ, su cippi funerari ed altre espressioni dell”arte plastica monumentale, disegni su sabbia, pitture e tatuaggi sul corpo umano. Ma l”arte degli aborigeni si estende anche ad altri aspetti quali la musica, la danza, la dizione, la creatività narrativa che s”ispira ad una mitologia ricchissima ed estremamente immaginativa.
Nella vita intellettuale degli aborigeni, tutte queste sono parti indivisibili che formano un unico insieme, magnifica espressione di una costante ricerca di contatto con il soprannaturale, di una esigenza di stabilire legami con l”epoca dei Sogni, con l”era primordiale nella quale trovano origine la vita e la morte, la simbiosi tra uomo e mondo animale, tra uomo e ambiente naturale, la struttura sociale che determina le relazioni tra gli uomini e tra i popoli.
Non si può parlare di unità culturale per il continente australiano. Salvo qualche eccezione lungo le coste settentrionali, gli aborigeni sono tutti di un medesimo ceppo etnico, ma parlano più di duecento lingue diverse che si sono differenziate nel corso di 40.000 anni, vivono in ambienti e paesaggi molto diversi tra di loro, dal deserto alla foresta tropicale, alle zone montagnose coperte di neve parte dell”anno; i vari gruppi hanno risorse naturali diverse e il loro modo di vivere riflette l”adattamento ad ambienti così svariati.
Ogni aborigeno è un artista in potenza, anche se le facoltà artistiche variano da persona a persona, da gruppo a gruppo. L”arte è parte del modo di vivere. Non è concepibile un certo tipo di cerimonia senza il tipo di creazione artistica corrispondente, non è concepibile un”arte senza significato mitologico o concettuale, come non sono possibili certi aspetti della mitologia e del mondo immaginativo, senza una creazione artistica. Ognuno degli elementi della cultura opera come fattore corroborante per gli altri.
Il mondo degli aborigeni è andato formandosi nel corso dei millenni. Ha subìto lente variazioni, come qualsiasi altro complesso della cultura umana. Le pitture su corteccia sono una manifestazione di questo mondo che si può ben ipotizzare di persistenza multimillenaria ma, quelle che conosciamo, riflettono uno dei vari mezzi espressivi di alcuni gruppi di aborigeni nel corso degli ultimi duecento anni. Forse non sapremo mai cosa potessero raffigurare le cortecce dipinte 10.000 anni fa, ai tempi in cui i Tasmani giunsero nella loro terra portandosi seco questa tradizione artistica.
Come molti altri aspetti della cultura aborigena, in esse si riscontra una sintesi delle facoltà creative, del gusto, delle credenze, delle tradizioni, del modo di pensare e di vivere, dei gruppi umani che ne hanno prodotto gli autori. Ogni genuina pittura su corteccia è un documento, è una testimonianza, è un oggetto di grande pregio artistico e di grande importanza culturale, che ci porta al contesto della cultura aborigena come una magnifica sintesi.
Le pitture su corteccia d”albero, così come le pitture e le incisioni rupestri, sono opere di uomini adulti e iniziati. Gli sporadici casi in cui donne si sono messe a dipingere sono risultati di una trasformazione delle tradizioni, avvenuta negli ultimi anni. In certe aree, soprattutto nelle isole Melville, fattori di carattere commerciale hanno spinto le donne ad eseguire pitture su corteccia, ma le cortecce vengono loro raccolte e preparate dagli uomini; generalmente le donne non sono in grado di spiegare il significato delle figure che rappresentano.
Tale processo aberrante è in gran parte frutto di una programmazione di ambienti europei che cercano di fare il bene della società aborigena in termini commerciali e di benessere secondo modelli europei, ma che mancano spesso di adeguata conoscenza o considerazione per i valori etici e le tradizioni di un popolo aperto e generoso, che non ha preconcetti di stampo europeo e che pertanto è molto vulnerabile.
Escludendo la proliferazione delle pitture su corteccia che si è avuta negli ultimi cinquanta anni in numerose zone dell”Australia, l”unica area dove vi sia stata una intensa e feconda creazione genuina di questo tipo di arte aborigena con tradizione ininterrotta, è la Terra di Arnhem. Le pitture su corteccia di altre zone, precedenti all”influenza commercialista, sono talmente rare che ogni reperto richiede uno studio particolare.
Negli ultimi anni le influenze commercialiste hanno snaturato le tradizioni. Il quadro che segue si riferisce alla situazione attorno al 1960. Nella Terra di Arnhem, si riconoscono quattro regioni artistiche principali: a. Terra di Arnhem occidentale; b. Isole di Melville e Bathurst; c. Terra di Arnhem orientale; d. Groote Eylandt. Ad esse si aggiungono regioni di secondaria importanza e di dubbia autenticità. Ma dovunque, ai miti di origine dell”Epoca dei Sogni si sostituiscono nuove ambizioni secondo nuovi miti e le nuove regole delle società commerciali del 20° secolo.
E” una perdita per la cultura, ma una perdita ancora più grave per i diretti protagonisti che perdono le proprie radici e la logica del mondo tradizionale per cercare di integrarsi confusamente in un altro mondo concettuale. Ed è una tragedia del nostro secolo quella di omogeneizzare tutte le culture al modello delle ambizioni di opulenza, sviluppo e successo dell”Occidente. I valori profondi di una società che ha costruito miti e concetti come base dell”esistenza, si trova proiettata nel vuoto, senza certezze, senza spiriti protettori, senza canoni di etica esistenziale, alla ricerca del benessere effimero. Arte e mito si offuscano.
Terra di Arnhem occidentale
A nord del fiume Katherine e ad ovest del fiume Cadell, è ubicata una delle più intense e ricche tradizioni di creazione artistica del continente australiano. Gli aborigeni vivono oggi prevalentemente presso le missioni e le stazioni governative e la loro arte odierna è inesorabilmente influenzata da fattori esterni, ma è ancora quella che più conserva le antiche tradizioni. In contrasto con la zona orientale della Terra di Arnhem, le pitture di quest”area mostrano sporadiche figure su fondo unito, monocromo. Le figure animali e antropomorfe hanno ricche e variate decorazioni simboliche all”interno del corpo.
In questa zona si trovano i migliori e i più numerosi esempi dello stile ”a raggi x”, uno stile nel quale l”artista non si limita a rappresentare l”apparenza esterna dell”animale, ma raffigura anche gli organi interni suggeriti dalle sue nozioni di anatomia.
Prevalentemente, sono raffigurati animali, ma vi sono anche figurazioni antropomorfe e botaniche.
Oltre alle finalità iniziatorie e didattiche, vi sono anche numerose pitture che hanno finalità di magia simpatica. Esse riguardano soprattutto la caccia e la pesca. La pittura che rappresenta l”animale ferito dal cacciatore o dominato dallo spirito amico, assicura, ancor prima di uscire per la caccia, che l”animale sia catturato. In questi casi, il soggetto principale è l”animale, il cacciatore o lo spirito sono l”accessorio e sono raffigurati più piccoli e con meno attenzione.
E” questa una caratteristica che ricorre anche nell”arte di altri popoli cacciatori. Charles P. Mountford racconta che, negli anni ”40, fu chiesto ad un artista aborigeno che stava dipingendo su una parete rocciosa ”Perché dipingi l”animale prima di andare a caccia?” e questo rispose ”Come è possibile cacciare un animale se prima non lo dipingi?”
Vi sono anche le figure di carattere totemico, animali e piante, raffigurati allo scopo di stimolare la proliferazione e ciò con senso ambivalente: nella loro qualità di sorgente di cibo e nella loro qualità di rappresentanti simbolici del nucleo tribale. Animali raffigurati con le loro uova hanno anch”essi la finzione di magia simpatica. Le figurazioni di impronte di animali sono sovente evocatrici di sentieri di caccia. Tali pitture si trovano su cortecce d”albero ma anche sulle rocce ed alcune di queste ultime sono ritenute vecchie di diverse migliaia di anni.
Nella mitologia aborigena, numerosi spiriti interferiscono nella vita umana e sono la principale causa del successo e dell”insuccesso, del raggiungimento di aspirazioni o del fallimento di imprese. I gruppi principali sono gli spiriti mimi, raffigurati spesso come figure antropomorfe molto esili chiamate anche ”figure a bastoncino”, che sono simpatici e spiritosi folletti del bosco; sono presenti anche gli spiriti Maam, diabolici macisti dal membro sessuale gigantesco, che sono la principale causa di gravidanze ingiustificate e di altri mali che colpiscono il sereno andamento delle relazioni sociali. Essi appaiono spesso nei sogni, costituendo un incubo, ma talvolta anche un fondamentale elemento di surrogazione e di conforto. Anche questi simboli del bene e del male, della leggerezza e della pesantezza,. dell”evasione e del conformismo, sono spesso immortalati dalle pitture aborigene.
Spiriti vari popolano l”immaginazione e la creatività artistica degli aborigeni, sovente anche in sequenze associative o scene, piene di ideogrammi e di simboli, che ne permettono la lettura a coloro capaci di leggerli, ossia agli iniziati, siano essi aborigeni o studiosi occidentali.
Vi sono inoltre pitture su corteccia che rappresentano esclusivamente simboli, di fronte alle quali lo studioso è senza risorse, a meno che non sia dovutamente iniziato da qualcuno di quel limitato gruppo di saggi locali che conosce la ”storia” in tutti i particolari.
In questa zona, pitture su corteccia e pitture rupestri hanno stili e repertori molto simili e formano un indivisibile unicum concettuale. Questa è anche una delle regioni australiane dove la vita sociale, rituale e magico-religiosa degli aborigeni continua ad essere delle più esuberanti.
Isole di Melville e di Bathurst
Queste isole hanno vissuto in un certo isolamento dalla terraferma e, pur trovandosi di fronte alla costa della Terra di Arnhem occidentale, mostrano tradizioni figurative più vicine a quelle della Australia Centrale. I simboli geometrici hanno il sopravvento sulle immagini antropomorfe e zoomorfe. Essi rappresentano luoghi sacri, simboli funerari e di carattere totemico, indicazioni topografiche e stilizzazioni di specie vegetali. La creazione artistica principale di queste isole si esplica nei cippi funerari scolpiti e dipinti. Molte delle ispirazioni e degli spunti delle pitture su corteccia derivano appunto da quest”altro tipo di arte e dalla tradizione dei riti funerari pukumani.
Esistono dubbi riguardo all”antichità della tradizione di dipingere su corteccia in queste isole. Non è ancora stabilito quando tale tradizione abbia avuto inizio, e certamente ha avuto un notevole impulso dalla commercializzazione dell”arte aborigena. La tradizione locale vuole che, fino a metà del secolo scorso, la popolazione Tiwi delle isole si ritenesse sola al mondo e che il contatto con l”Australia continentale abbia avuto inizio allora grazie a due navigatori che si erano persi. Vi sono diversi cimiteri nelle isole, con pali e cortecce d”albero decorati, ritenuti più antichi di questo contatto con la terraferma. La tradizione potrebbe dunque essere molto antica. Tuttavia lo stile decorativo attuale è probabilmente assai recente.
Terra di Arnhem orientale
Tra il fiume Blyth e il golfo di Carpentaria, fino al fiume Roper al sud, si trova l”arte delle cortecce più complessa e stilizzata che esista in Australia. Gli aborigeni oggi vivono, nella loro grande maggioranza, attorno alle missioni di Milingimbi, Elcho Island e Yrrkalla e le loro creazioni sono fortemente condizionate da questo fatto e dalla conseguente facilità di commercializzare le opere. Le figure intricate e complesse, immerse in un fondo quasi damascato che copre la intera superficie della corteccia di motivi simbolico-geometrici, creano un”impressione di tappeto o di mosaico.
Ogni segno apparentemente geometrico è un simbolo che rappresenta acqua e terra, tipi di vegetazione, nuvole, vento o fuoco. Ogni artista e ogni clan si limita a usare i simboli tradizionali della propria gente, il che permette, in molti casi, di individuare l”origine precisa delle opere. Vi sono anche figurazioni di carattere topografico con indicazioni di fiumi e monti rappresentati con una simbologia non troppo esplicita per i non iniziati.
Le pitture più antiche erano quasi sempre di carattere prettamente mitologico-sacrale, rappresentavano spiriti ancestrali, animali totemici e luoghi sacri, erano sovente nascoste nei luoghi sacri e spesso servivano nei riti d”iniziazione come sussidi visivi per insegnare ai nuovi iniziati le tradizioni della tribù. Molte non potevano essere mostrate alle donne e ai non iniziati, altre venivano mostrate ma era vietato spiegare il loro significato. Alcune raffiguravano cose talmente segrete che dovevano essere bruciate dopo aver servito il loro ruolo iniziatorio. Altre pitture sono di carattere profano e, tra le produzioni più recenti, queste sono la maggioranza. Le pitture profane rappresentano prevalentemente soggetti di caccia e di pesca, altri aspetti o momenti della vita quotidiana, descrizioni della vita animale e vegetale. Vi sono anche pitture di carattere aneddotico che talvolta non mancano di una punta di umorismo.
Le figure sono statiche e stilizzate anche se spesso mostrano molti particolari naturalistici nelle dita degli arti, nella faccia e in altre parti caratteristiche degli animali e delle immagini antropomorfiche.
Groote Eylandt
Quest”isola, nel Golfo di Carpentaria, ha una tradizione di pittura più simile alla parte occidentale che a quella orientale della Terra di Arnhem. Ciò sembra indicare che lo stile damascato che domina, dalla baia di Blue Mud al fiume Blyth, sia conseguenza di una evoluzione relativamente recente.
Le pitture classiche di Groote Eylandt (o Isola Grande) sono caratterizzate da figure sporadiche su fondo unito, di tinta nera, marrone o gialla. L”interno delle figure è dipinto con parti di colore unito, alternate a parti coperte da serie di linee parallele frequentemente con colori chiari. Nel corso delle ultime due generazioni e, molto probabilmente, per ragioni di carattere commerciale, lo stile damascato ha conquistato anche Groote Eylandt.
Il soggetto principale delle pitture di quest”isola è costituito da animali e piante totemiche, predominano i pesci e gli altri animali acquatici. Sono rappresentate anche scene di pesca, di caccia ed altre scene di vita quotidiana. Vi sono figure schematiche che rappresentano il sole e la luna, imbarcazioni, figurazioni topografiche, figure umane, di spiriti e di mostri. Vi sono anche figurazioni simbolico-astratte che rappresentano i venti (con simboli diversi per ogni vento), la pioggia e le nuvole. Tali segni sarebbero rimasti senza lettura se non fossimo stati istruiti dagli artisti stessi.
Altre zone
Tutta l”attuale produzione di pitture su corteccia, deriva da ispirazioni dirette o indirette dalla Terra di Arnhem. Da quando esiste un interesse commerciale per le cortecce dipinte, l”abitudine di farne si è allargata a macchia d”olio, arrivando anche all”Australia Centrale, dove non sembra vi sia memoria di tale tradizione; al Queensland, presso gruppi umani il cui scopo è quello di trarne profitto e che creano pitture su corteccia simili a quelle della Terra di Arnhem, ma diverse in soggetti e stili ispirati dalle ricchissime località di arte rupestre risalente alla ”Epoca dei Sogni” che hanno nei loro territori. L”arte rupestre della zona serve dunque da spunto per i temi delle pitture su corteccia.
Le altre zone di principale interesse, dove vengono eseguite pitture su corteccia, sono quelle dell”isola di Mornington, di Port Keats e di Kimberley. Nell”isola di Mornington, lo stile figurativo deriva direttamente dallo stile damascato della parte orientale della Terra di Arnhem che, come si è detto, è di età piuttosto recente. I soggetti riguardano leggende e mitologia locale e gli animali acquatici vi giuocano un ruolo importante.
Nella zona nord-occidentale del Northern Territory, e soprattutto a Port Keats, le più antiche pitture su corteccia che si conoscano risalgono a circa cinquanta anni fa. Esse imitano, sotto molti aspetti, precedenti sculture su legno, con motivi geometrico-simbolici, e usano colori sobri. Recentemente i colori sono divenuti più vistosi e più variati e i motivi, pur restando soprattutto nel geometrico, sono divenuti più complessi e con finalità intenzionalmente decorative. Ciò è avvenuto sotto la spinta della commercializzazione delle pitture su corteccia e le pitture recenti di questa zona risentono di tale negativa influenza.
Nella zona nord-orientale del Western Australia e soprattutto nel Kimberley, esiste uno stile di pitture su corteccia molto particolare, che ha come elemento dominante le facce, con gli occhi enormi e senza bocca, degli spiriti Wandjina, spiriti creatori e protettori dai quali si fanno dipendere le fortune e le sfortune degli uomini. Questa è la caratteristica anche delle pitture rupestri della zona. Tali grandi facce, talvolta in serie ordinate in file, coprono l”intera superficie tanto delle cortecce, come delle pareti dei ripari sotto roccia, ed è probabile che le pitture su corteccia derivino la loro ispirazione dalle più durevoli pitture rupestri.
Una testimonianza dello spirito
L”esistenza di pitture su corteccia nella Tasmania, che si ritiene aver avuto gli ultimi contatti preistorici con l”Australia circa 10.000 anni or sono, sembra indicare la grande antichità di questa tradizione. Le più antiche pitture su legno che si sono conservate fino ad oggi fanno parte delle collezioni raccolte dal Capitano Cook nel suo primo viaggio (1768-1771). Il materiale usato come base ha una precaria possibilità di conservazione; le pitture più importanti, per il loro ruolo iniziatorio, venivano bruciate dopo la cerimonia per la quale erano state create, i colori di terra e di pietra, stemperati con l”acqua e con il sangue, sono deperibili. Quello che rimane oggi delle pitture su cortecce autentiche, fatte dagli aborigeni per loro stessi, è un nucleo estremamente ristretto, rispetto alla creazione che rappresentano.
Ma esse costituiscono un contatto diretto, immediato, con un modo di pensare, di vedere e di credere, dell”ultimo popolo paleolitico esistente sulla Terra. Esse ci forniscono una immensa quantità di dati sulla sua mitologia, sulla sua filosofia, sulla sua ricerca di contatto con il mondo animale, vegetale e paesaggistico nel quale sono inseriti. Esse costituiscono anche uno dei rarissimi casi accessibili, nei quali è possibile incontrare l”arte figurativa al suo stato primordiale e conoscerne le motivazioni. Ciò rende le pitture su corteccia d”albero degli aborigeni australiani, una documentazione autentica e fondamentale per la storia dell”arte e per la conoscenza delle fondamentali strutture ideologiche-concettuali dello spirito umano.
(EMMANUEL ANATI)
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