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Copper Age

STELE ANTROPOMORFE DI PUGLIA. CASTELLUCCIO DEI SAURI E BOVINO NELL’IDEOLOGIA DELLE STATUE-STELE E STATUE-MENHIR

Le statue-stele di Castelluccio dei Sauri (anche dette di Bovino e conservate nel Museo di questo Comune), vengono inquadrate morfologicamente e considerate contestualmente al fenomeno che le ha diffuse nel sud della nostra penisola. Sono in un territorio denso di monumenti dello stesso tipo e costituiscono un gruppo eneolitico con connotazioni individuali e comuni alle stele contemporanee.[nggallery id=14]Una sacra coppia preistorica
In un”area denominata Sterparo Nuovo, a pochi chilometri da Castelluccio dei Sauri e da Bovino in provincia di Foggia, si rinvennero trentacinque pietre antropomorfe, tra il 1954 e gli anni ottanta. Sono monumenti riconducibili a quel fenomeno delle statue-stele e statue-menhir che, diffusosi nell”Età del Rame, rappresentò una tappa miliare nella storia dei simulacri sacri. Per ragioni ancora sconosciute la Puglia fu la regione del centro-sud che ne rimase più coinvolta, infatti ha stele sia eneolitiche, come quelle qui in esame, che dell”età del Ferro, ossia, le stele daunie, garganiche e salentine(1).

Il culto delle statue-stele inizia a diffondersi nel continente euro-asiatico verso la fine del Neolitico per poi divenire una tipica espressione religiosa dell”Eneolitico italiano e del megalitismo europeo; produce gruppi di monumenti dotati di attributi peculiari e riconoscibili quali triangoli pubici, pugnale, collane, ecc. Le varianti locali caratterizzano lo stile ed il regionalismo culturale degli aggruppamenti. Una seconda espansione geografica si manifestò tardiva nell”età del Ferro, dopo un”inspiegabile pausa nell”età del Bronzo, con monumenti morfologicamente simili a proto-statue oppure sculture piatte come lastre poligonali lontanamente antropomorfe, sempre rivestiti di attributi che hanno origine nel fenomeno iniziale.

L”espansione è avvenuta tra la Penisola Iberica e la Siberia, toccando i Balcani, il Caucaso, la Turchia, il Vicino Oriente e l”Africa Settentrionale. In Europa si contano più di 600 monumenti appartenenti al cosiddetto periodo classico (età del Rame), sono distribuiti a gruppi tra: Spagna, Portogallo, Francia, Svizzera, Italia, Ucraina, Crimea e Caucaso. Dello stesso periodo in Italia abbiamo cinque gruppi concentrati nell”area Alpina e Ligure, uno in Sardegna, uno in Puglia (a Sterparo) e a Vado all”Arancio in Toscana. Dell”età del Ferro abbiamo i gruppi di stele Villanoviane (Emilia Romagna), Felsinee (Etruria), Picene (Italia centro-adriatica), Daunie e di Monte Saraceno (Puglia) ed alcuni monumenti della Lunigiana (a cavallo tra Liguria e Toscana). Le stele di norma emergono a gruppi ubicati in luoghi suggestivi, boschi, sorgenti, fiumi, poco accessibili non lontano da importanti tappe di transito migratorio. In Lunigiana buona parte dei monumenti è nella valle del fiume Magra o vicino ai suoi affluenti. Nel Midi francese, presso i fiumi Rance, Dourdou e Durance, in Valcamonica su alture che dominano valli fluviali, in Puglia nel vallo subappenninico che è transito verso Ovest.

La Puglia ha restituito la maggior quantità di stele d”Italia e forse d”Europa, appartenenti a quattro gruppi ben distinti, distribuiti: a Sterparo Nuovo (Castelluccio dei S. e Bovino), nella Piana di Siponto (stele Daunie) e Monte Saraceno (Gargano); a Cavallino e Arnesano (nel Salento). Sporadiche presenze stanno emergendo in aree con megaliti (Bisceglie e Giurdignano ) (2).
Il fenomeno cultuale, non ancora chiaro nei suoi risvolti contenutistici ed evolutivi, non raggiunse tutte le terre e le popolazioni di allora, riflette bene, però, il radicale cambiamento dei tempi, delle concezioni religiose, delle strutture sociali e dei ruoli sessuali verificatisi su larga scala tra Neolitico ed età dei Metalli.

Le statue-stele e statue-menhir sono le prime vere statue antropomorfe che l”umanità abbia concepito e si legano anche al fenomeno dei megaliti, quindi dei dolmen, dei menhir e delle prime costruzioni europee in pietra, nonché alle prime società di tipo aristocratico. Si parla poco in questi termini di esse, si definiscono semplicemente ed impropriamente stele ma sono statue-stele, ossia proto-statue piatte o appena modellate. Sono per lo più femminili ma anche maschili e pertanto primo segno di mutazione concettuale. Precedentemente esistevano solo piccole statuine, in osso o in argilla, prevalentemente femminili: le veneri paleolitiche e le varie iconografie di una dea madre neolitica. Rarissima, quasi inesistente, era la figura maschile, e questo perché si sospetta che l”uomo non avesseconsapevolezze acquisite in materia di procreazione. Nella società e nella religiosità si assiste ad un graduale cambiamento dei ruoli sessuali man mano che sorgevano aggregazioni sempre più gerarchizzate e belligeranti. Nel panorama teocratico le divinità maschili compaiono recentemente e si affermano sempre più dominanti con l”avanzare delle grandi civiltà.

Le statue-stele, dunque, sono precipuamente una coppia, due entità affiancate nei ruoli: maschile e femminile.

L”identificazione precisa di questa coppia è permeata di datate speculazioni: eroi capostipiti, dei, antenati, defunti. Nel corso delle mie ricerche sulle diverse manifestazioni antropomorfe del settore, contestualizzate o no da uno scavo, è risultato che è fondamentale prima comprendere ”quale funzione avessero”, perché erano. Intanto, bisogna stabilire che i due sessi (anche se più frequentemente uno dei due) esprimono la comunione e l”enfasi di due ruoli distinti eppure complementari. Le stele daunie, prodotte dai Dauni tra VII e VI sec. a.C., sono la più esuberante delle manifestazioni stelari avutasi a culto affermato ed evoluto. Tuttavia, ancora, non vengono ricollegate a quel fenomeno generale di cui, invece, riportano gli stessi attributi-base delle prime statue-stele: triangoli pubici (come indicatori femminili) e spada alla cintola (il pugnale remedelliano).

In più, la straordinaria narrativa che le caratterizza racchiude la ragione della loro esistenza. Da uno studio che ho condotto sulle scene è emerso che, con ogni probabilità, fossero simulacri propiziatori, eretti a devozione o ringraziamento di due esseri investiti di competenze specifiche.(3) Anche le altre statue-stele, possono essere sorte per motivazioni affini a queste ultime.

Ritrovamenti e datazione
L”antica sede delle stele antropomorfe di Castelluccio era nei pressi del podere Gesualdi, a Sterparo Nuovo. Sono state trovate sparse, in un”area di circa dieci ettari, ma in origine erano concentrate in un luogo organizzato allo scopo, forse identificabile in quello che la Soprintendenza ha scavato e nel quale ha recuperato alcuni indizi rituali (4). Le prime scoperte risalgono al 1954, quando il Prof. Michele Leone (allora Ispettore Onorario delle opere d”arte della circoscrizione) segnalava il ritrovamento di quattro pezzi al Museo Pigorini di Roma.

La prima pubblicazione scientifica, di M. Ornella Acanfora nel 1960, segnò l”inizio delle attenzioni di ricerca che le resero note nell”ambiente. La studiosa intuì subito la matrice ideologica dei monumenti di Sterparo, la stessa di aree lontane dalla Puglia e pose, quindi, i primi tentativi di confronto con le stele della Lunigiana (Liguria) e dell”arco alpino, datandole però, erroneamente, all”Età del Ferro(5) . Dopo vent”anni vennero resi noti altri reperti, due pietre piuttosto grandi (di cui una con un pugnale), due più piccole e dieci lastre levigate ed altre sospette porzioni di stele inglobate in una parete muraria del podere(6). Nel 1989 vennero segnalati altri undici pezzi e, finalmente, nel 1991 si intervenne col sondaggio di scavo(7). In tal modo si potè dare ai monumenti un contesto cronologico certo, inquadrabile nella seconda metà del III° mill., età Eneolitica (remedelliana), già sospettato in precedenza per la tipologia dei pugnali incisi. Gli elementi rituali emersi dallo scavo suggerirono una similitudine con l”aratura fossile e le buche con ossa di animali e cereali del famoso sito di S. Martin de Corleans (Aosta), il santuario-cimitero caratterizzato dalla presenza di grandi stele rotte e usate per costruire ciste dolmeniche(8).
Oggi è possibile vedere la maggior parte dei reperti subappenninici nel Museo Civico di Bovino (a 15 km. Da Castelluccio), più altre due stele nel Museo Civico di Foggia e nel Museo Nazionale di Taranto (vedi stele).

Caratteristiche dei monumenti
Come tutte le stele antropomorfe quelle di Sterparo rappresentano il corpo di due un”entità, una maschile ed una femminile, condensato in una sorta di busto senza arti e testa. Le pietre usate sono il calcare biancastro e l”arenaria gialla, materiali di estrazione locale, facili da lavorare. La forma generale, per quanto si possa dedurre dai frammenti e considerando che le stele intere sono pochissime, varia tra sub-rettangolare e sub-romboidale, i margini laterali sono spesso arrotondati, la parte inferiore è rastremata e la parte superiore può terminare in diverse forme: a punta, rotondeggiante, diritta e a profilo insellato a semiluna. L”altezza, riferita ai quattro pezzi interi, oscilla tra i cm. 161 e 35.

I segni indicatori che le distinguono sono solo sul lato anteriore.  Le stele femminili hanno una collana ed una coppia di seni a rilievo, incorniciati da linee parallele che disegnano una ”X ”. Talvolta i seni mancano ma il motivo ad ”X” persiste. Una stele femminile, stele 2, ha quattro cerchietti sul petto, forse interpretabili come una fibula a doppia spirale. Su alcune stele è anche presente l”ombelico, un particolare anatomico assolutamente singolare per questa classe di monumenti. Frequentemente, sul margine superiore e sulla cintura, vi sono incisioni a tacche e linee parallele.

Le poche stele maschili si riconoscono per la presenza del pugnale, in due casi su tre corredato da una bandoliera e più spesso da una specie di frangia (convenzionalmente chiamata ”fiocco”) che esce dalla punta della lama (presente anche su alcuni monumenti della Lunigiana). In generale, il ”fiocco” è un indicatore non frequente in altri contesti e viene interpretato come la decorazione del fodero che protegge la lama, ma non sarebbe da escludere che rifletta un”allegoria, l”emissione di raggi di energia o un fiotto di sangue. In arte preistorica lo scopo meramente traspositivo era inesistente, tutto poteva rivestire una valenza simbolica. Persino i due piccoli e quasi invisibili animali, un capride ed un cervide, più altri segni non chiaramente leggibili ed un pugnale, incisi sulla grande stele della I segni indicatori che le distinguono sono solo sul lato anteriore.

Le stele femminili hanno una collana ed una coppia di seni a rilievo, incorniciati da linee parallele che disegnano una ”X ”. Talvolta i seni mancano ma il motivo ad ”X” persiste. Una stele femminile, stele 2, ha quattro cerchietti sul petto, forse interpretabili come una fibula a doppia spirale. Su alcune stele è anche presente l”ombelico, un particolare anatomico assolutamente singolare per questa classe di monumenti. Frequentemente, sul margine superiore e sulla cintura, vi sono incisioni a tacche e linee parallele.
Le poche stele maschili si riconoscono per la presenza del pugnale, in due casi su tre corredato da una bandoliera e più spesso da una specie di frangia (convenzionalmente chiamata ”fiocco”) che esce dalla punta della lama (presente anche su alcuni monumenti della Lunigiana).

In generale, il ”fiocco” è un indicatore non frequente in altri contesti e viene interpretato come la decorazione del fodero che protegge la lama, ma non sarebbe da escludere che rifletta un”allegoria, l”emissione di raggi di energia o un fiotto di sangue. In arte preistorica lo scopo meramente traspositivo era inesistente, tutto poteva rivestire una valenza simbolica. Persino i due piccoli e quasi invisibili animali, un capride ed un cervide, più altri segni non chiaramente leggibili ed un pugnale, incisi sulla grande stele della stele 5.

Come accennato, il primo inquadramento cronologico dei monumenti fu stabilito sulle fogge dei pugnali, i cui elementi di sostegno sono pertinenti all”immanicatura ed alla forma della lama. Per esempio il pugnale della stele della stele 9 è a lama triangolare con pomo lunato, tipicamente remedelliano (prima metà del III° mill. a.C.), mentre quelli con lama convessa e pomo a disco, incisi sulle stele delle stele 4 – 5 sono inquadrabili in una fase precampaniforme, cioè di transizione tra l”età del Rame e l”età del Bronzo(9) (seconda metà del III° mill. a.C.)

Un”altra peculiarità di questo gruppo di stele, è il carattere tendenzialmente veristico col quale gli artisti dell”antica Sterparo vollero raffigurare la loro misteriosa entità femminile. La sua nudità fu delicatamente sottolineata dall”ombelico e dalla rotondità dei seni, appena modellati come in un corpo vero. La stele della stele 1 è sinuosa e nuda, così il motivo ad ”X esula dall”essere un capo d”abbigliamento è bensì il richiamo simbolico che identifica, alla maniera primitiva, i caratteri riproduttivi della dea Madre. Malgrado il ”realismo” di taluni particolari, rimane inspiegabile l”astrattismo del corpo privo di testa. In generale questo trasmette l”idea fisica della donna (stele 8) e dell”uomo (stele 9). Contava principalmente rappresentare una ”X” come referente.

Le catene di rombi, triangoli plurimi o clessidre, sono largamente diffuse su figurine femminili dell”area mediterranea e balcanica, l”usanza di sottolineare i seni in questo modo è ampiamente diffusa nelle culture neolitiche, eneolitiche e del Bronzo. L”indicatore ”X” sul petto è testimoniato sulla ceramica Terramaricola, sui vasi della cultura di Baden, nella cultura Castellucciana della prima Età del Bronzo (Sicilia), su alcune statuette jugoslave e su statuette cipriote recuperate sulle coste del vicino Oriente (10).

In particolar modo bisogna annotare, qui per la prima volta, la forte similitudine tra una statuetta fittile di Tell Abu Zureiq11 (Israele, Bronzo Recente, 1500 – 1300 a.c.) e la stele della stele 8. Su queste i due schemi rappresentativi sono identici e, se pur distanti geograficamente, riflettono un”iconografia dal significato comune.

Come accennato, il primo inquadramento cronologico dei monumenti fu stabilito sulle fogge dei pugnali, i cui elementi di sostegno sono pertinenti all”immanicatura ed alla forma della lama. Per esempio il pugnale della stele della stele 9 è a lama triangolare con pomo lunato, tipicamente remedelliano (prima metà del III° mill. a.C.), mentre quelli con lama convessa e pomo a disco, incisi sulle stele delle stele 4 – 5 sono inquadrabili in una fase precampaniforme, cioè di transizione tra l”età del Rame e l”età del Bronzo9 (seconda metà del III° mill. a.C.)

Un”altra peculiarità di questo gruppo di stele, è il carattere tendenzialmente veristico col quale gli artisti dell”antica Sterparo vollero raffigurare la loro misteriosa entità femminile. La sua nudità fu delicatamente sottolineata dall”ombelico e dalla rotondità dei seni, appena modellati come in un corpo vero. La stele della stele 1 è sinuosa e nuda, così il motivo ad ”X esula dall”essere un capo d”abbigliamento è bensì il richiamo simbolico che identifica, alla maniera primitiva, i caratteri riproduttivi della dea Madre. Malgrado il ”realismo” di taluni particolari, rimane inspiegabile l”astrattismo del corpo privo di testa. In generale questo trasmette l”idea fisica della donna (stele 8) e dell”uomo (stele 9). Contava principalmente rappresentare una ”X” come referente. Le catene di rombi, triangoli plurimi o clessidre, sono largamente diffuse su figurine femminili dell”area mediterranea e balcanica, l”usanza di sottolineare i seni in questo modo è ampiamente diffusa nelle culture neolitiche, eneolitiche e del Bronzo.

L”indicatore ”X” sul petto è testimoniato sulla ceramica terramaricola, sui vasi della cultura di Baden, nella cultura Castellucciana della prima Età del Bronzo (Sicilia), su alcune statuette jugoslave e su statuette cipriote recuperate sulle coste del vicino Oriente 10. In particolar modo va evidenziata la forte similitudine tra una statuetta fittile di Tell Abu Zureiq(11) (Israele, Bronzo Recente, 1500 – 1300 a.c.) e la stele della stele 8.

NOTE

(1) Per un”introduzione al fenomeno: ANATI E. Origine e significato storico religioso delle statue-stele. in Bollettino Camuno Studi, vol. 16, 1977; I Camuni, alle origini della Civilà Europea. Milano Ed. Jaka Book, 1982. Per una panoramica completa e aggiornata di tutti i monumenti pugliesi e per una dettagliata bibliografia, si rimanda a: LEONE L. L”ideologia delle statue-menhir e statue-stele in Puglia, e la concettualità del simbolo fallico antropomorfo, in Quaderni dell”Associazione Lombarda Archeologica, Milano, 2000.
(2) LEONE L. Due nuove pietre antropomorfe in Puglia, in Bollettino Camuno Notizie, Marzo 1997: 28-29; Megalithism of South East Italy in the Bonze Age , in Atti Symposium ”Communication in Bronze Age”, 7-10 Settembre 1995. Tanum, Bohuslän, Svezia, 1999.
(3) LEONE L. Oppio. ”Papaver Somniferum”, la pianta sacra ai Dauni delle stele, in Bollettino Centro Camuno Studi Preistorici, vol. 28, pp. 57-68, 1995.
(4) TUNZI-SISTO A. M. Castelluccio dei Sauri-Bovino (Foggia), Sterparo, in TARAS, vol. XII:219-221, 1992.
(5) ACANFORA M.O. Le stele antropomorfe di Castelluccio dei Sauri, in Riv. Sc. Preist. XV: 95-123, 1960.
(6) NAVA M. L. Nuove stele antropomorfe da Castelluccio dei Sauri (Foggia), Ann. Museo Civ.”U. Formentini” La Spezia 1979/80: 115-149, 1982.
(7) TUNZI SISTO A. M. Il complesso delle stele antropomorfe di Bovino, 10° Convegno su Preist. Protost. e Sto. della Daunia, San Severo, 1988: 101-129, 1989.
(8) MEZZENA F. La Valle d”Aosta nella Preistoria e nella Protostoria, in Archeologia in Val d”Aosta: 15-60, 1981.
(9) ANATI E. – I pugnali nell”arte rupestre e nelle statue-stele dell”Italia Settentrionale, Capo di Ponte, Ed.del Centro, 1972.
(10) GIMBUTAS M. – The Language of the Goddess, Ed. Thames and Hudson, 1989.
(11) MELLER PADOVANI P. – Una statuetta cipriota a Tell Abu Zureiq, Israele, in Bollettino Camuno Studi Preistorici, 19: 49-62, 1982.

(MARIA LAURA LEONE)

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