Negli stati alterati di coscienza avviene un fenomeno di moltiplicazione sinestetica tale per cui un elemento esterno, anche minimo, può provocare sensazioni molto intense, potremmo dire ingigantite o moltiplicate. Possiamo pensare che il mulinello, al di là dei suoi significati simbolici di carattere religioso o cosmologico, nelle sue valenze rotatorie possa assecondare il viaggio estatico, facilitando l”ingresso in quel vortice o tunnel oltre il quale iniziano ad apparire le immagini allucinatorie. È questa una dinamica assai nota in ambito neurologico.
Questo movimento rotatorio ci rimanda all”uso del rombo, uno strumento che risale alla preistoria e che è presente presso molte popolazioni tribali con differenti funzioni.
* Relazione tenuta al XVI Valcamonica Symposium (24-29 novembre 1998) Sciamanesimo e mito edita negli Atti congressuali. Si ringrazia il Centro Camuno di Studi Preistorici (Capo di Ponte-Brescia)
[nggallery id=45]1. La spedizione Schäfer in Tibet
Le prime immagini filmate di una trance sciamanica le dobbiamo probabilmente alla missione Ernst Schäfer: un lungo viaggio -iniziato nella primavera del ”39 da Siliguri, poco a nord di Calcutta- attraverso l”Himalaya fino a Lhasa, alle ricerche delle ”radici dell”arianesimo”. Se il clima ideologico che motiva questa spedizione tedesca in Tibet è inaccettabile, le riprese documentarie sono invece di notevole interesse. Durante il percorso, Schäfer ebbe modo, tra l”altro, di filmare realtà ”vergini” dal punto di vista etnologico, che non avevano mai avuto precedenti contatti col mondo occidentale.
Particolarmente significative sono le sequenze in cui si vede un monaco Bon-po accovacciato dinanzi a un grande fuoco, in uno stato di evidente alterazione della coscienza (1).
Nonostante le mescolanze col lamaismo e col tantrismo indo-tibetano si può pensare che i Bon-po abbiano conservato, ancora nel Novecento, quasi inalterate, pratiche assai antiche. Nei Pawo, nei Nyen-jomo e nei Lepcha, che non dipendono dai monasteri Bon del Sikkim e del Bhutan, sembrano sopravvivere, infatti, forme di sciamanismo precedenti la stessa diffusione del buddhismo (2).
Nei fotogrammi dell”estatsi, ciò che maggiormente colpisce, oltre al sonoro fuori-campo di armonici-gutturali, è il movimento del corpo del monaco.
Tutta la colonna vertebrale e le spalle si muovono all”unisono in maniera ondulatoria, mentre la mano destra non sembra coinvolta nel flusso delle altre membra ma, in maniera abile e decisa, fa ruotare un mulino da preghiera, con la teca di metallo e il filo mobile alla cui estremità è fissato un piccolo peso. In questo caso, non c”è né il tamburo, né lo specchio di rame, entrambi in uso presso i Bon-po, ma un oggetto utilizzato ancora oggi dai monaci buddisti tibetani.
Sappiamo che la teca di questo mulinello contiene dei mantra e che far ruotare il perno equivale a una loro lettura completa che può avere, in alcuni casi, oltre al valore della preghiera, anche un senso apotropaico e di esorcismo. Ma sospendiamo questo significato legato al buddhismo e alla sua tradizione storica.
Si tratta, in ogni caso, di un oggetto che, anche se di piccole dimensioni, crea un vortice sia sonoro che visivo, che accompagna tutta la trance.
Ora, noi sappiamo che, negli stati alterati di coscienza avviene un fenomeno di moltiplicazione sinestetica tale per cui un elemento esterno, anche minimo, può provocare sensazioni molto intense, potremmo dire ingigantite o moltiplicate. Possiamo quindi pensare che il mulinello, al di là dei suoi significati simbolici di carattere religioso o cosmologico, nelle sue valenze rotatorie possa assecondare il viaggio estatico, facilitando l”ingresso in quel vortice o tunnel oltre il quale iniziano ad apparire le immagini allucinatorie. È questa una dinamica assai nota in ambito neurologico.
Questo movimento rotatorio ci rimanda all”uso del rombo, uno strumento che risale alla preistoria e che è presente presso molte popolazioni tribali con differenti funzioni.
Fra gli Apache, ad esempio, lo sciamano possiede piume d”aquila, un rombo e una corda magica. In Australia, presso gli Aranta, l”uso del rombo è legato a diverse funzioni magiche e ai riti di pubertà. Al giovane, condotto nella foresta, prima della circoncisione viene, ad esempio, fatto ascoltare un suono prodotto dal ciuringia: ”Facendolo girare con un filo -scrive Emmanuel Anati- provoca un suono che secondo gli aborigeni ha il potere di incantare: gli uomini vanno in estasi e gli animali si bloccano lasciandosi cacciare” (3).
2. Iynx: un ciuringia in terra greca.
Troviamo i rombi anche nel mondo greco arcaico che pure non ha offerto allo sciamanismo un terreno particolarmente fertile. Certamente esistono però anche in Grecia elementi che si possono far risalire alla tradizione sciamanica, probabilmente filtrati attraverso la Tracia, a partire dal VII-VI secolo a.C, dalle regioni della Scizia dopo la colonizzazione ellenica del Mar Nero (4). Sappiamo che fra i giocattoli di Dioniso bambino vi era anche uno strumento per imitare il muggito dei tori, strumento che veniva fatto ruotare nella celebrazione dei misteri dionisiaci, un ”mimo della paura” lo chiama Eschilo. Nel sentirlo si credeva di udire ”la voce di un essere misterioso e sovrumano parlante nel tuono” (5). Ma ciò che qui più ci interessa è un particolare rombo chiamato Iynx.
Iynx è un termine -vicino, per assonanza, a ilinx (vortice) e a ilingos (vertigine)- che rappresentava per i Greci tre diverse realtà strettamente correlate: a) una Ninfa trasformata in uccello; b) l”uccello che noi chiamiamo torcicollo; c) uno strumento di magia erotica:
a) Iynx era una Ninfa o una maga, figlia di Echo, di questo fantasma sonoro (”immagine sonora di ogni specie di voce” dice Luciano), o secondo altri, figlia di Peitho, la persuasione amorosa. Desiderando per sé l”amore di Zeus, Iynx fu punita da Hera e trasformata nell”uccello torcicollo.
b) Iynx è il nome che i greci davano al ”torcicollo”(Iynx torquilla), un uccellino sacro alla Luna, simile al fringuello e al picchio, ma che ha la caratteristica strabiliante, come i serpenti, di ruotare il collo di 360 gradi pur restando fermo col resto del corpo. Un”altra sua particolarità è di agitare incessantemente le sue piume cangianti mentre emette un sibilo stridulo e acuto e mostra una lunga lingua ritrattile. I greci dicevano che era la mobilità fatta uccello, e Pindaro lo definisce ”l”uccello del delirio”.
c) Iynx era anche uno strumento di fascinazione erotica. Composto da una ruota con due fori, l”iynx veniva fatto roteare, non a vortice come i rombi, ma tendendo il filo ai due estremi. Ne usciva un suono stridulo e nello stesso tempo seduttivo che aveva la capacità di incantare e avvincere la persona amata, anche suo malgrado, trascinandola ”nel cuore della ruota magica”(Pindaro). L”iynx era, dunque, lo strumento usato da maghe e mezzane per suscitare un”attrazione fatale e irresistibile, potremmo quasi dire un vortice di passione; era una sorta di ciuringia australiano trasferito nel contesto e nella mentalità degli elleni. (Il termine australiano ciuringia, per altro, sembra avere un valore onomatopeico che ricorda il verso di certi uccelli). Nelle fonti sia letterarie che iconografiche (6), si diceva fosse un”invenzione di Afrodite che aveva catturato l”uccellino Iynx e lo aveva legato vivo a una pietra focaia formando, in tal modo, un ”incantesimo” destinato a rinfocolare la passione di Medea per Giasone.
La dea delle frecce veloci
Cipride, per prima portò dall”Olimpo
agli uomini, legato sui quattro
raggi di una solida ruota, il torcicollo variopinto,
l”uccello che suscita il delirio.
E insegnò gli scongiuri e gli incantesimi
all”Esonide accorto
per soffocare in Medea il rispetto di figlia
affinché il desiderio dell”Ellade
tormentasse il suo cuore ardente
sotto la sferza della Persuasione amorosa.
Pindaro, Pitica IV.
Di quest”oggetto magico abbiamo una bella rappresentazione su un cratere a forma di campana del IV secolo a.C. (Pescara, collezione Moccia) che mostra Afrodite seduta su un grande cigno. Le sta dinanzi la Dea Peitho, la Persuasione amorosa, che, con estrema grazia, fa ruotare fra le dita sottili un Iynx.
Anche su un”idra di Populonia, attribuita al pittore Meidias, è rappresentato questo strumento di magia. Lo tiene nella mano sinistra Hímeros, il Desiderio, nell”atto di porgerlo ad Adone, riverso sulle ginocchia di Afrodite che, alle sue spalle, ingioiellata gli accarezza i bei capelli. Dinanzi ad Adone, Peitho, la dea della Persuasione amorosa, indica con la mano destra un uccellino, un Iynx appunto, appoggiato sulle dita della sua mano sinistra.
(interessante è qui il gioco degli sguardi: Afrodite guarda il Desiderio che guarda Adone che, a sua volta guarda la Persuasione che guarda l”uccellino).
La magia dell”iynx era praticata in tutta la Grecia, anche nel circolo socratico (Senofonte, Memorabili III, ).
”Iynx, attira nella mia casa quest”uomo, il mio amante”suona il verso, reiterato nove volte dalla Incantatrice di Teocrito; sembra di sentire il richiamo delle fanciulle Aranta: ”kutta, kutta, kutta” rivolto ai giovani che stavano in attesa sull”opposta riva del fiume dopo l”iniziazione dell”ambilyerikirra. ”E ora i giovani iniziati dovevano riconoscere la saggezza del richiamo ”kutta, kutta, kutta”, così come avevano riconosciuto il richiamo del muggito dei tori” (7).
3. Rombi e sculture ornitomorfe
Torniamo ora alla sciamanismo e al rombo-mulinello. Possiamo, a mio avviso ipotizzare che il suo prototipo preistorico avesse a che vedere, in modo stretto, con una dimensione ornitomorfa. È nota l”importanza che l”uccello riveste nelle culture sciamaniche per la sua simbologia legata al volo estatico e per le sue connessioni con la vertigine. Piume, costumi di uccelli, versi e richiami di uccello sono elementi costanti e onnipresenti nello sciamanismo.
Se pensiamo al mito greco che riconduce l”invenzione dell”iynx alle vicende del viaggio degli Argonauti nelle zone del Mar Nero, potremmo allora pensare che questo strumento di magia sia giunto in Grecia, attraverso la Scizia, proprio dalle culture centro asiatiche, trasfigurato poi dalla fantasia di un mito che ha, peraltro, come figura centrale Medea -la maga, incantatrice di serpenti, che distillava i suoi filtri color zafferano dal croco caucasico- e modificato nell”uso (inclusa una diversa modalità rotatoria).
Ciò che, in ogni caso, lo caratterizza è la sua connotazione ornitomorfa che è presente in maniera evidente nell”eredità greca.
Potremmo allora dedurre che i più antichi mulinelli usati dagli sciamani fossero dipinti con figure di uccelli e che, in alcuni casi, ne potessero addirittura avere la forma e che la loro funzione prioritaria fosse di creare un vortice legato alla dimensione della trance.
Pensiamo ad alcuni ritrovamenti del Paleolitico Superiore. Nella zona fra il fiume Dnieper e il Don, non lontano da Kiev, sono state trovate numerose statuette animalistiche e fra queste sei statuette di uccello di osso di mammut; sotto le ali di una statuetta compare l”incisione della svastica, cioè la schematizzazione di un vortice, la geometrizzazione di un mulinello.
Reperti analoghi – statuette di oche e di anatre che vengono fatte risalire a circa 25.000 anni fa- sono presenti a Mal”ta a nord del Lago Baikal. Queste sculture ornitomorfe, la cui altezza oscilla tra i 10 e i 15 centimetri, sono perforate. Ora, se è del tutto ragionevole ipotizzare un loro uso come pendagli (attestato da una sepoltura rituale in loco), questo non esclude che si possa trattare anche di mulinelli della trance sciamanica.
È interessante, a questo proposito, ricordare un mito degli indiani Apache Jicarilla del Nuovo Messico. Il grande essere Black Hactcin, creatore di tutto il vivente, dopo aver creato il primo uccello si accorse che era solo e senza compagni. Allora lo prese e lo fece ruotare come un vortice in senso orario. L”animale, preso da una sorta di vertigine, vide intorno a sé tutte le diverse specie di uccelli e quando finì di ruotare trovò effettivamente, nella realtà, tutti questi uccelli.
Uccelli in rotazione li troviamo rappresentati in diverse culture, dalle gorgiere indiane dell”Oklahoma alle decorazioni delle ceramiche del Vicino Oriente, dalla toreutica centro-asiatica ai pettorali in oro delle Molucche.
In questo caso la stessa svastica, come le diverse immagini di vortice, potrebbe derivare da una schematizzazione dell”originario movimento rotatorio del rombo-mulinello. Questo spiegherebbe la sua connessione, ad esempio, con la postura (a questo punto derivata dalla schematizzazione e non viceversa) del salto estatico della Gorgone orgiastica (8). Tornando ai Bon-po, nei loro riti funerari, l”immagine del defunto veniva fatta passare attraverso un precorso di tredici svastiche che equivaleva a una ascensione.
Vorrei concludere ricordando un rito indiano (Hausteco e Totonaco) ancora in uso fino a qualche decennio fa in Messico (oggi vietato dalle autorità per l”alto numero di incidenti mortali che provocava) e di cui abbiamo una ricca documentazione grazie alle fotografie scattate da Helga Larsen negli anni trenta. Uomini travestiti da aquile, chiamati voladores, con le ali fissate ai polsi e un copricapo di penne rosse, salgono su un lungo palo alto dai venti ai trenta metri. Giunti in cima, uno di loro imita, con un fischietto, il verso dell”aquila e danza. (è questo il momento più rischioso del rito).
I voladores si lasciano poi planare a testa in giù e con le braccia aperte, assicurati alla vita e ai piedi da una corda robusta e sospesi in vortici sempre più ampi. In questa lenta discesa si compie un gran volo a spirale intorno al palo, per tredici volte.
Queste rito veniva inteso come la danza del sole calante mentre gli uccelli personificavano le anime dei morti
È un rito suggestivo con valenze indubbiamente sciamaniche: uno straordinario ”mulinello magico” di uomini-aquila.
NOTE
1) È un”estasi molto simile a quella che Morris ha avuto modo di osservare tra gli sciamani Lepca e che descrive in un testo pubblicato un anno prima del documentario Schäfer, nel 1938 a Londra.
2) Non sono in grado di entrare qui nel merito della questione, assai dibattuta e non ancora risolta, del rapporto fra buddhismo e sciamanismo e se lo sciamanismo, anche nelle sue forme siberiane, sia o no di derivazione buddhista. Personalmente condivido quella linea di studi che, a partire dalle analisi comparate di Horst Khirchener e di Karl Narr, ritiene che lo sciamanismo sia un fenomeno mondiale e che le sue radici vadano cercate nelle culture preistoriche dei cacciatori arcaici. Su questa tradizione millenaria, buddhismo e lamanismo si sarebbero inseriti in quell”area di ampia diffusione che ha il suo epicentro in Tibet, creando una sintesi innovativa.
3) Emmanuel Anati, Aborigeni. Un albero per l”artista, in ”Archeologia viva”, luglio/agosto 1998.
4) Pensiamo certamente al tracio Orfeo e a tutta la mitologia intorno alla sua figura troppo nota per essere ripresa in questa sede. Ma pensiamo anche a Epimenide che, pur cretese, è assimilabile al tipo di sciamano nordico. Di Epimenide si diceva che avesse dormito per cinquantasette anni in una grotta, che si nutriva solo di un preparato di cui le Ninfe gli avevano insegnato il segreto e che conservava nel cavo di uno zoccolo di bue e che avesse il corpo segnato da tatuaggi. Anche Empedocle rivendicava la facoltà di tenere e freno i venti, produrre e arrestare le piogge e di far resuscitare i morti. Aristea, che veniva dal Mar di Marmara, poteva, invece, lasciare il corpo e viaggiare in forma di uccello invasato da Apollo: quando seguiva il dio era un corvo. Abari si asteneva dal cibo e viaggiava su una freccia. (Su tutto questo si veda il IV libro delle Storie di Erodoto dedicato agli Sciti).
5) Fra i giocattoli di Krishna bambino cӏ una girandola.
6) A.S.F.C Gow, Iynx, Rhombos Turbo. in ”Journal of Hellenic Studies”, 54, 1939-Grace W.Nelson- A Greek, Votive Iynx, in ”American Journal of Archeology” tomo 44, 1940.
7) Joseph Campbell, The Masks of Good: Primitive Mythology, 1959 (1987); trad. it. Mitologia primitiva, Mondadori, Milano1990, p.143.
8) Rimando alla relazione da me tenuta al XIV Valcamonica Symposium- ”Immagini, simboli e società”, sul tema Iconologia e archetipi figurativi. Iconografia preistorica e arte del mondo antico, in ”Atti del Convegno”, Capo di Ponte, Brescia 1996.
(GABRIELLA BRUSA ZAPPELLINI)
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